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gli avesse spinti a qualche lontana spiaggia meridionale, pensava che l’annegamento naufragando, o l’esser mangiati approdando non poteva loro mancare. Che cosa poi avrebbero fatto se per un prodigio fossero arrivati sani al nativo loro paese, il padre di Venerdì non lo sapea troppo. Ciò non ostante gli pareva dovessero essere, pel modo onde furono assaliti e pel fragore dell’armi da fuoco, si tremendamente spaventati, che avrebbero probabilmente raccontato ai loro di casa di essere stati ridotti a sì mal partito dal tuono e dal fulmine, non dalla mano dell’uomo. Avranno raccontato, così egli continuava a ragionare, che i due uomini comparsi loro (io e Venerdì) erano spiriti celesti o diavoli venuti in terra per distruggerli, non uomini armati. Lui aver udito (così l’interprete Venerdì mi spiegava i detti del padre) quando dirsi l’uno all’altro in lor linguaggio: Impossibile ad uomo vomitar fuoco, parlar tuono, ammazzare in lontananza, senza mano alzare.

E quel selvaggio sapea quel che diceva, perchè come mi fu noto da poi, i selvaggi di quella nazione non s’arrischiarono più mai a metter piè in questi luoghi. I fuggiaschi del canotto veramente giunsero a casa tutti quattro, ma raccontarono ai loro compatriotti che chiunque approdasse a quest’isola incantata potea far conto d’essere sterminato dal fuoco del cielo. Questa particolarità io non la sapeva allora; onde vissi in grandi paure per un bel pezzo, e mi tenni sempre all’erta con tutto il mio esercito. È vero che eravamo soli quattro, ma contro ad un centinaio di coloro avrei avuto il coraggio di cimentarmi in campo aperto a tutte l’ore.

Non andò guari per altro che, non vedendosi più comparire canotti, i miei timori si dissiparono. Ripigliai allora i miei primi divisamenti d’un viaggio al continente, tanto più che il padre di Venerdì mi assicurava che, se mi risolveva, poteva ripromettermi dai suoi buoni ufizi e relazioni un buono accoglimento presso i suoi. Ma portarono in me certa perplessità alcuni seri discorsi fattimi dallo Spagnuolo, il quale mi raccontò essere ben vero che sedici tra’ suoi concittadini e Portoghesi riparatisi dopo un naufragio a quella costa vivevano in pace co’ nativi, ma che d’altra parte la faceano magra assai per mancanza delle cose di prima necessità; in somma che vivevano quasi per miracolo.

Interrogato da me su i particolari del suo viaggio, mi raccontò come avesse fatto parte de’ naviganti d’un vascello spagnuolo che