Pagina:Avventure di Robinson Crusoe.djvu/61

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aiutasse, e compresi allora più che mai quanto avessi avuto torto nel separarmi dal mio buon fanciullo Xury.

Ma già sfortunatamente l’aver torto non era un soggetto di stupore per me che non ne aveva mai fatta una per il diritto, nè vi era verso ch’io m’attenessi alla strada buona. Di fatto io mi era messo in una impresa del tutto contraria alla mia inclinazione, a quella vita di cui mi beava nella mia fantasia, e per la quale abbandonai la casa di mio padre, e mi gettai dietro le spalle tutti i suoi buoni suggerimenti; anzi io stava per entrare in quello stato medio, o sia in quel primo stato nella vita borghese, com’egli lo chiamava, e quale mi veniva consigliato da lui; in quello stato che, se mi fossi determinato ad abbracciarlo prima, avrei raggiunto, standomene a casa mia e senza straccarmi a girare il mondo come aveva fatto; onde io soleva dire a me stesso:

— «Io poteva avere queste cose medesime nell’Inghilterra fra i miei amici, senza andare a far cinquemila miglia di cammino, senza essermi trovato fra selvaggi ed estranei, in un deserto ed a tal distanza da non ricevere notizie da veruna parte del mondo che abbia la menoma relazione con me.»

In questo modo io soleva meditare col massimo rincrescimento su la mia condizione presente. Non aveva con chi conversare, se non a quando a quando col vicino di cui ho parlato; non poteva eseguire alcun lavoro se non con la fatica delle mie braccia, e mi pareva proprio di vivere come un uomo balestrato su qualche isola deserta, senz’altra compagnia che quella di sè medesimo. Ma oh! come ciò era giusto, e oh! come tutti gli uomini tentati ad augurarsi in vece della loro condizione presente altre condizioni peggiori, dovrebbero pensare che il Cielo può costringerli a tal cangiamento, e convincerli con l’esperienza quanto fossero più felici da prima! Oh! come era giusto, lo ripeto, che il condurre tal vita veramente solitaria, qual io me la dipingeva adesso in un’isola deserta, fosse retaggio di me, o al segno di metterla a confronto con quella ch’io viveva allora, vita che se non me l’avessi giocata, mi avrebbe secondo ogni probabilità fruttato e ricchezze ed ogni contentezza di cuore!

Può dirsi fino ad un certo segno che tutto era già avviato per la mia piantagione prima che il mio cortese amico, il capitano del vascello che mi raccolse sul mare, si fosse rimesso in viaggio; perchè la nave di lui, per raddobbarsi e disporsi ad una nuova traversata,