Pagina:Avventure di Robinson Crusoe.djvu/775

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emanati sì precisi ordini per la sicurezza delle carovane e dei negozianti che ogni qual volta corre la voce di Tartari che infestino il paese, vengono sempre spediti dalle guarnigioni opportuni drappelli che scortino di stazione in stazione i viaggiatori. In fatti il governatore di Adinskoy, al quale ebbi occasione di fare una visita col mezzo del mio mercante scozzese che usava con lui, ne offerse, ove mai prevedessimo qualche pericolo di lì alla prossima stazione, una guardia di cinquanta uomini.

Io avea creduto per lungo tempo che, quanto più ci saremmo avvicinati all’Europa, tanto più vi avremmo trovate buone abitazioni e abitanti che fossero meno addietro negli avanzamenti della civiltà; ma vidi essermi ingannato in entrambe queste mie supposizioni. Ci rimaneva tuttavia da attraversare il paese de’ Tonghesi, ove rinvenni gli stessi segnali di paganesimo e di barbarie che mi fecero ribrezzo nelle precedenti contrade. Solamente i Tonghesi, conquistati più saldamente dai Moscoviti, non sono tanto pericolosi; ma quanto a rozzezza di modi e ad idolatria, non v’ha popolo al mondo che li superi. Vestiti tutti di pelli di bestie, queste eziandio sono il riparo delle loro trabacche; non distinguete una donna da un uomo nè alla minore asprezza de’ lineamenti, nè alla diversità del vestire. Nel verno, quando tutta la campagna è coperta dalla neve, vivono sotterra entro caverne che comunicano l’una coll’altra.

Se i Tartari avevano il loro Cham Chi-Thaungu per un intero villaggio o contrada, trovai che costoro hanno un idolo per ciascuna capanna o caverna. Adorano in oltre le stelle, il sole, l’acqua, la neve, in somma tutto quello che non capiscono, e le cose che capiscono sono ben poche; ed ogni elemento è tutto ciò che si tolga un poco dall’ordinario riceve sacrifizio da loro.

Ma ho detto di non volermi diffondere in descrizioni di popoli e di paesi ove queste non si rannodino precisamente con la mia storia. Nulla mi accadde di singolare nel traversare tutta questa contrada a cui do una lunghezza almeno di quattrocento miglia, la metà delle quali forma un altro deserto che ci costò dodici giorni di faticoso viaggio; perchè sfornito anch’esso di case e di alberi, anche qui ne toccò portarci dietro le nostre provvigioni e l’acqua non meno del pane.

Poichè fummo fuori del deserto, camminammo altri due giorni, finchè fummo a Janezay, città moscovita situata sul gran fiume