Pagina:Commedia - Inferno (Lana).djvu/35

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» vulgari tusco. Et quia tale idioma non est omnibus
»notum ideo ad utilitatem volentium studere in ipsa
» comedia transtuli de vulgari tusco in gramaticali scien
» tia (in gramaticam) litterarum ego Albericus de Rox.
»(de Roxiate) dictus et utroque jureperitus pergamensis,
» et si quis defctus foret in translatione maxime in astro
» logicis, teologicis et algorismo veniam peto et aliqua
» liter excusset defectus exempli et ignorantia dictarum
» sententiarum ipse etiam dominus Jacobus commentator
» hujus comedie, etc.» — Dalle due scrizioni chiaro emerge che il Lana scrisse in lingua italiana perchè appunto era come volgare innanzi alla latina, e bisogna dire che fosse di buon volgare se si appellò eziandio toscano.

Nel 1477 e 78 ristampavasi dal Terzago e dal Nidobeato il Lana, e (questi scriveva: Jacobus laneus materna eadcm et bononiensi lincjua superare est visus, etc. Dove trovò la memoria? Chi prima contò di (juesto scrivere in bolognese? Fu una svista, una fiaba, ma che prese maggiore parvenza di verità quando il Landino nel 1481 stampò: » Commentolo (Dante) Jacopo bolognese nella sua patria lingua»; e questo ribadì in alcuni cervelli siffattamente l’asserito del Nidobeato che un V B scrisse nel secolo XVI su un esemplare della Vindelina:» E, per
» mia opinione questo Commento è d’un Jacopo bolo
» gnese che, secondo il medesimo Landino, scrisse nella
» patria lingua, perchè ci sono molte parole bolognesi, e
» si mostra molto informato delle cose di Bologna». Ci sarebbe da ridere con questa bella ragione di naturalità. Ma nè il Salviati, nè Gian Vincenzo Pinelli che avevano veduto, e il Pinelli aveva alla mano, il Lana, osarono mettere in dubbio la purezza del suo dettato, e il Salviati anzi biasimò la Nidobeatina perchè mutò qua e là, massime nel principio del Commento, parole e tratti e ne interpolò o allungò le chiose guastando quello che della lingua era pur buono. Tuttavia a questi anni uscì fuori il Batines a dichiarare che nel Riccardiano 1005 riscontransi numerose locuzioni del dialetto bolognese! (egli tanto diceva che non sapeva d’italiano e le cose sue faceva correggere all’abate Casali!) e dietro lui più autorevole poichè italiano e bibliotecario palatino a Firenze, il Palermo, che