Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/326

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questo è secondo gli Astrologi che diceno d’ogni tempo che dodici ore è lo di’ e dodici la notte: imperò che sei segni si levano di di’ e sei la notte; e però quando li di’ sono maggiori che le notti, convegnano l’ore del dì penare più a rappresentarsi che quelle de le notti, e così e contrario; e quando li di’ sono pari a le notti, allora ogni ora si rappresenta parimente tosto. E questo è quello che l’autore àne voluto dimostrare. Et io; cioè Dante, era con lui; cioè col Sole, che era in Ariete: imperò che io era sallito in esso, ma del salire; cioè nel detto pianeto fatto da me, Non m’accorsi io; cioè io Dante, benchè la distanzia fusse grande: imperò che la più bassa lunghezza della spera del Sole che è la più alta di Venere, come è detto di sopra, è tre milia migliaia e secento quaranta migliaia di miglia, e la più alta lungezza del Sole che è la più bassa di Marte, è tre milia volte mille e novecento sessanta cinque migliaia di miglia, e la misura del corpo del Sole è cento e sessantasei volte equale a la misura del corpo della Luna, sicchè 185 volte l’avanza. E questo finge secondo la lettera, per mostrare che li cieli sono coniunti, e non ene vacuo tra loro; e moralmente vuole dimostrare quanto sia veloce lo nostro pensieri, che subitamente passa d’una materia ad una altra quantunqua distante, senza avvedersi l’uomo, e però adiunge la similitudine: se non com’om; cioè se non come l’uomo, s’accorge; cioè s’avvede, Ansi’l primo pensier; cioè innanti che venga lo primo pensieri omo non s’avvede che debbia venire: imperò che subitamente viene o inspirato da Dio o impresso dai corpi celesti o persuaso dal dimonio; ma degli altri descendenti da quello omo se ne può avvedere: imperò che lo primo li genera, e però dice: del suo venire; cioè del primo pensieri, cioè come vegna et unde vegna.

C. X — v. 37-48. In questi quattro ternari lo nostro autore finge che nel quarto pianeto; cioè nel Sole, vedesse Beatrice più lucente che ’l Sole; e scusasi che non potrebbe dire quanto era la luce dei beati che erano in esso, e però dice: O Beatrice; questo O è ora interiezione che significa ammirazione e rendesi a quello verbo che seguita poi; cioè: Quant’esser convenia da sè lucente; cioè Beatrice; quasi dica: Eccessivamente tanto, che è da meravigliarsene: tanto convenia essere da sè lucente, acciò che si vedesse lo suo splendore e la sua chiarezza che era dentro dal Sole: convenia fusse maggiore che ’l Sole, e dichiara qual Beatrice, cioè: quella che si scorge; cioè si dimostra, Di bene in meglio: imperò che quanto più si ragguarda la Santa Scrittura, tanto più si vede la sua altezza e la sua bontà, sì subitamente; questo dice: imperò che lo intendimento de la bontà e della altezza della Santa Scrittura è dono dello Spirito Santo, e però è inspirato subitamente: imperò che