Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/472

Da Wikisource.
   460 p a r a d i s o

19Per tanti rivi s’empie d’allegrezza
     La mente mia che di sè fa letizia,
     Perchè può sostener che non si spezza.
22Ditemi dunque, cara mia primizia.
     Quai fur li antichi vostri, e quai fuor li anni
     Che si segnaro in vostra puerizia?
25Ditemi de l’ovil di san Ioanni,1
     Quant’era allora, e chi eran le genti
     Tra esso degne di più alti scanni?
28Come s’avviva per soffiar di venti2
     Carbone in fiamm ; così vidd’io quella
     Luce risplender ai miei blandimenti.
31E come alli occhi miei si fe più bella;
     Così con voce più dolce e soave;
     Ma non a questa moderna favella,3
34Dissemi: Da quel di’, che fu detto Ave
     Al parto in che mia madre, che è or santa,
     S’alleviò di me ond’era grave,
37Al Sol Leon cinquecento cinquanta
     E trenta fiate venne questo foco
     A rinfiammarsi sotto la sua pianta.
40Li antichi miei et io nacqui nel loco,
     Ove si trova pria l’ultimo sesto
     Da quei che corre a vostro annoval gioco.4
43Basti de’ miei maggiori or dirne questo:5
     Chi essi fusser, et onde venner quivi,
     Più è tacer, che ragionar, onesto.
46Tutti color, ch’a quel tempo eran ivi
     Da portar arme tra Marte e ’l Batista,
     Erano ’l quinto di quei che son vivi.

  1. v. 25. C. A. Giovanni,
  2. v. 28. C. A. allo spirar de’ venti
  3. v. 33. C. A. Ma non con
  4. v. 42. C. A. Da quel
  5. v. 43. C. A. udirne questo: