Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/504

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106Ben veggio, padre mio, siccome sprona
     Lo tempo verso me, per colpo darmi
     Tal, ch’è più grave a chi più s’abbandona;
109Però di providenzia è buon ch’io m’armi,1
     Sì che, se ’l loco m’è tolto più caro,
     Io non perdesse li altri per mie carmi.
112Giù per lo mondo senza fine amaro,
     E per lo monte, del cui bel cacume
     Li occhi de la mia donna mi levaro,
115E possa per lo Ciel di lume in lume
     Ò io appreso quel che, s’io ridico,
     A molti fi’ sapor di forte agrume.
118E s’io al vero sono intimo amico,2
     Temo di perder viver tra coloro,
     Che questo tempo chiameranno antico.
121La luce, in che ridea lo mio tesoro,
     Ch’io trovai lì, si fe prima corusca,
     Quale a raggio del Sol lo specchio d’oro;3
124Indi rispuose: Coscienzia fusca
     O de la propria o de l’altrui vergogna,
     Pur sentirà la tua parola brusca.
127Ma non di men, rimossa ogni menzogna,
     Tutta tua vision fa manifesta,
     E lassa pur grattar dov’è la rogna:
130Chè se la voce tua sarà molesta
     Nel primo gusto, vital notrimento
     Lasserà poi, quando sarà digesta.
133Questo tuo grido farà come ’l vento,4
     Che ’n più alte torri più percuote;5
     E ciò non fa d’onor poco argomento.

  1. v. 109 C. A. Perchè di
  2. v. 118. C. A. son timido
  3. v. 123. C. A. di Sole specchio
  4. v. 133. C. A. come vento,
  5. v. 134. Che le più alte cime