Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/554

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che elli fu adimpitore di quella, Che ’l vostro; cioè specchio di voi anime beate, che siete salve per l’opere della iustizia, e questo Che è di soperchio all’ordine del parlare: imperò che è di sopra noll’apprende; cioè non apprende lei, cioè la iustizia d’Iddio, con velame; cioè con coprimento, sicchè non la vegga chiaramente. E parla con questa intenzione l’autore, cioè Iddio, cioè Figliuolo nel quale riluce la iustizia d’Iddio Padre, siccome in specchio; ma più perfettamente che nello specchio le cose rappresentate di fuora: imperò che come è detto, elli fu esecutore della divina Iustizia, mandò suoi raggi a le menti dei beati, et in essi riluceno e danno a vedere et intendere essa divina Iustizia: siccome le cose di fuora rappresentate nello specchio danno a vedere a chi guarda nello specchio; così ella dà sè a vedere ai nostri intelletti coi raggi ch’ella infunde della sua grazia. Sapete; ancora voi spiriti beati, come attento io; cioè Dante m’apparecchio; cioè apparecchio me, Ad ascoltar; cioè la vostra soluzione del mio dubbio, sapete; cioè voi beati spiriti, quale è quello Dubbio; sicchè non è bisogno che io ve lo dica, che; cioè lo quale dubbio, m’è: cioè è a me Dante, digiun cotanto vecchio: imperò che tanto tempo n’òe sostenuto la fame, cioè lo desiderio d’essere dichiarato di quello, e sono stato privato della dichiaragione. Quasi falcon; ecco che per adornamento de la poesi induce una similitudine, che così fece quella aquila, come fa lo falcone quando si leva lo cappello, che si dibatte e stendesi e fassi bello, che; cioè lo quale falcone, escendo di cappello; cioè poi che si li è levato lo cappello di capo, che si li tiene per farlo maniero e che non si dibatta, Muove la testa; guardando qua e là, e co l’ali si plaude; cioè sè percuote, Vollia mostrando; cioè di volare a pilliare preda, e facendosi bello; cioè sedendosi tutto e racconciandosi le penne col becco, Vidd’io; cioè Dante, farsi quel segno; cioè quella aquila, che detta è, che di laude; cioè lo quale segno di lode, De la divina grazia era contesto; cioè era composto tutto a rendere lode a Dio de la grazia ricevuta e che riceveano, Con canti, quai si sa chi lassù gaude; cioè con canti tali, quali sa chi gode su in cielo.

C.XIX— v.40-51. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come quella aquila, formata da quelli beati spiriti, fatto l’allegrezza del dubbio di Dante che lo vedeva intento a le cose d’Iddio, rispuose al dubbio suo, che nessuna cosa, o vero creatura era capace della Iustizia divina, e però non è meraviglia se l’uomo ne dubita. E però, premittendo questa conclusione generale che nessuna creatura è capace di tutte l’opere d’Iddio, descende a proponere lo dubbio di Dante e quello poi nell’altra lezione solve. Dice prima così: Po’ cominciò; cioè l’aquila detta di sopra Colui; cioè Iddio, che volge’l sesto; cioè lo quale volge lo sesto pianeto. cioè Iove, A l’estremo