Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/59

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della Luna e io corpo suo 1 in sul quale la Luna si gira, intendendo in questa misura quanto occupa lo corpo della Luna, oltra la linea dell’epiciclo che è la metà del suo corpo: ciascuno pianeto àe confine coll’altro sì che niente rimane vuoto, e però dice: Iunto mi viddi; cioè me Dante, ove; cioè in quel luogo nel quale, mirabil cosa; e questo fu lo corpo lunare, Mi torse ’l viso; cioè il mio vedere corporale, secondo la lettera; secondo l’allegoria, mentale, a sè; cioè a quella mirabil cosa, e però quella; cioè Beatrice, Cui; cioè alla quale, non potea mi’ opra essere ascosa; cioè appiattata: nessuna nostra opera può essere appiattata alla Santa Scrittura, se noi volliamo sallire in Cielo; anco tutte ce le conviene fare secondo la sua dottrina e lo suo consillio: ancora Beatrice è la grazia discesa da Dio, et a Dio nessuna nostra opera può essere appiattata, anco nessuno nostro pensieri a lui è celato, Volta ver me; cioè inverso me: la grazia d’Iddio si volgo sempre inverso colui che si volge a lei, sì lieta come bella; perchè la grazia d’Iddio àe in sè ogni perfezione, così à in sè ogni letizia, e per tanto vuol dire eccessivamente lieta e bella, mi disse; cioè a me Dante, Drizza la mente in Dio grata; cioè sii grato colla mente in verso Iddio, ringraziandolo e levando su alto a lui la tua mente, Che; cioè lo quale Iddio, n’à coniunti; cioè noi coniunti à, colla prima stella; cioè col primo pianeto, cioè colla Luna. E benchè stella propriamente si dica da stare e sia quella che è nell’ottava spera, qui si pone impropriamente per la Luna, la quale per questo rispetto si può chiamare stella: però ch’ella sta ferma nel suo globo sempre, che non monta più su, nè scende più che sia lo globo suo, benchè continuamente si volga per lo suo epiciclo e vadia 2 per lo cerchio suo differente dall’occidente all’oriente.

C. II — v. 31-45. In questi cinque ternari lo nostro autore finge come li parve essere coperto dal corpo lunare et essere ricevuto in esso, di che elli ebbe dubio et ammirazione, e però dice così: Parevami; cioè pareva a me Dante, che nube ne cuoprisse; cioè coprisse noi, cioè Beatrice e me Dante: l’autore studiava la santa Teologia, e colla meditazione e contemplazione di quella montava collo intelletto e col pensieri al corpo della Luna e pensava d’essere in esso, e però finge che così li paresse, Lucida; ecco che dichiara come era fatta essa nube, e dice che era Lucida; cioè ricettiva di luce, spessa; ecco l’altra qualità, dicendo che ’l corpo lunare era spesso, solida; questa è qualità che si conviene al corpo

  1. C. M. suo: l’ epiciclo è quel cerchio in sul quale
  2. Vadia; vada, intramessovi l’ i per dolcezza di lingua, come tuttora pronunzia il popolo toscano. E.