Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/650

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       638 p a r a d i s o   x x i i i . [v. 88-102]


C. XXIII — v. 88-102. In questi cinque ternari lo nostro autore finge come spezialmente si dispose a vedere la Vergine Maria dicendo cosi: Il nome del bel fior; cioè della Vergine Maria, la quale li fu dimostrata da Beatrice di sopra, quando disse: Quivi è la rosa ec., ch’io; cioè lo quale nome io Dante, sempre invoco; cioè chiamo, E mane e sera: imperò che da sera e da mattina a lei mi raccomando, tutto mi ristrinse; cioè tutto strinse me Dante, cioè L’animo; cioè mio, ad avvisar lo maggior foco: imperò che io pensai: Lo maggior splendore ch’è tra questi serà la Vergine Maria, perch’ella ebbe maggior grazia e più fu piena di carità che alcuna altra creatura. E come ambe le luci; cioè e come amenduni li miei occhi, ponendo le luci per l’occhio, perchè quine è la virtù visiva, mi dipinse; cioè implimè 1 a me Dante, secondo quelli che tegnano che la cosa veduta sia attiva, e l’occhio passivo; la quale opinione l’autore studiosamente seguita qui, per mostrare che questa fu grazia infusa a lui da la Vergine Maria ne la mente sua, cioè che elli potesse sì parlare di lei 2, Il qual e ’l quanto; cioè la qualità e la quantità, de la viva stella; cioè della Vergine Maria, la quale la santa Chiesa chiama per diversi nomi, come appare a chi la studia, cioè quando rosa, quando stella, e così delli altri nomi; e però l’autore nostro li usa, Che; cioè la quale viva stella, lassù; cioè in cielo, vince; in splendore tutti li beati, come quaggiù; cioè nel mondo, vinse; cioè avanzò ogni creatura in virtù. Per entro ’l Cielo; cioè per lo mezzo del cielo, scese una facella; cioè una fiaccola di splendore, Formata in cerchio; cioè tonda a modo d’uno cerchio, a guisa di corona; cioè a modo d’una corona, E cinsela; cioè la luce, in che era la Vergine Maria, e girossi intorno ad ella; cioè fece moto circulare intorno a la Vergine Maria. Qualunche melodia; cioè qualunche dolce canto e soave, più dolce sona; cioè qui nel mondo; e però dice: Quaggiù, e più a sè l’anima tira; col suo dolce suono, Parrebbe nube che squarciata tona; cioè parrebbe uno tuono: imperò che tuono, secondo Filosofo ne la sua Metaura, è sforzato aprimento di nube, Comparata al sonar; cioè assimilliata al sonare, di quella lira; cioè di quel dolce suono, che sonava quella luce che si girava e cantava intorno a la Vergine Maria. E questa luce finge l’autore che fusse l’angelo Gabriel, che gli annunziò il Verbo Divino che 3 incarnò 4 di lei. Onde; cioè de la quale lira, si coronava; cioè si girava a modo di corona intorno, e s’adoriava. il bel zafiro; cioè la Vergine Maria, che era più lucida che ogni zafiro: questo zafiro è una pietra

  1. Implimè; imprimè, secondo taluni dialetti toscani. E. - C. M. imprimè
  2. C. M. di lei, come la lingua ne parla e la mano ne à scritto, Il qual
  3. C. M. annunziò la incarnazione del Verbo Divino. Onde
  4. Incarnò, s’incarnò, con molto bel garbo adoperato assolutamente. E.