Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/654

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come luogo, dal quale per influenzia è proceduta dopo la grazia d’Iddio, la quale prima procede in tutti li atti virtuosi e buoni; poi pensò di fingere d’avere colloquio con loro, e però ebbe prima meditazione sopra l’ascensione di Cristo, poi sopra l’ascensione della Vergine Maria, e poi che parlasse con alquanti de’ beati; e così fingendo verisimilmente, mostra li suoi pensieri e meditazioni, che ebbe componendo questo poema, e però non si debbe intendere così simplicemente. Dice poi: Regina Coeli cantando sì dolce; cioè che li beati rimaseno nel suo pensieri, cantando sì dolcemente quella antifona che canta la Chiesa per la Resurrezione, cioè: Regina cœli laetare alleluja, Quia quem meruisti portare, alleluja, Resurrexit, sicut dixit, alleluja, Ora prò nobis Deum, alleluja. — Che mai da me; cioè Dante, non si parte ’l diletto; cioè 1 lo diletto, lo quale io ebbi pensando e fingendo che tale canto facessono 2 li beati: secondo le sante meditazioni, che l’uomo fa, l’anima sente la dolcezza. O quanto è l’ubertà; cioè o quanta è l’abbondanzia della beatitudine e della gloria; e questo O è interiezione, che significa meraviglia, che si sofolce; cioè che si ripone, In quelle arche ricchissime; cioè in quelli beati spiriti capaci d’essa più arca grandissima, che fuoro; cioè le quali furno, A seminar quaggiù; cioè nel mondo loro virtuose operazioni, de le quali, siccome di seme, ora ricoglieno lo frutto, cioè la beatitudine e la gloria, buone bubolce; cioè buone lavoratrice: lo buono bifolco semina assai e ricoglie assai, e lo tristo semina poco e ricoglie poco; e però dice l’Apostolo 3: Qui parce seminat, parce et metet; et qui seminat in benedictionibus, de 4 benedictionibus et metet. — Quivi; cioè in cielo, si vive e gode del tesoro; cioè in vita eterna si vive dai beati della visione beatifica di Cristo, e di quello godeno li beati, Che s’acquistò; cioè 5 lo quale tesoro s’acquistò, piangendo ne l’esilio Di Babilon; cioè quando lo populo iudaico fu preso da Nabuccodonosor re di Babillonia, e fu menato la e tenuto in servitù; unde lasciorno li canti, li organi e stetteno in lacrime et in pianti, unde mosseno la misericordia d’Iddio a mandare lo suo Figliuolo a prendere carne umana, quando fu tempo, per liberare lo suo popolo da la libertà 6 del dimonio, benchè innanti lo liberasse da la servitù di Babillonia; ma l’autore intese de la prima liberazione e non della seconda, ove si lasciò l’oro; cioè

  1. C. M. cioè che mai da me Dante si partirà lo diletto
  2. C. M. facessono le anime secondo
  3. Nel Codice nostro stava — dice lo Salmista — , che noi abbiamo cambiato in Apostolo: perocchè è san Paolo, che parla così nella Epistola II ai Corinti c. ix v. 6. E.
  4. benedictionibus metet
  5. C. M. cioè di quello tesoro godeno l’anime beate, lo quale s’acquistò, quando
  6. C. M. lo suo popolo dalla servitù del