Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/689

Da Wikisource.
     [v. 64-78] c o m m e n t o 677

si chiama grazia data. Da molte stelle; poi che à manifestato la cagione prima unde li veniva speranza, manifesta la cagione seconda, cioè la influenzia dei corpi celesti, e però dice: Da molte stelle mi vien questa luce; cioè questa verità che riluce nel mio intelletto, che mi dice che cosa è speranza, mi viene, cioè a me Dante, da la influenzia di molte stelle. Ma quel; cioè colui, la distillò; cioè la misse, nel mio cuor pria; cioè nel cuore di me Dante prima, Che; cioè lo quale, fu sommo cantor; cioè lodatore; e questo fu David, del sommo Duce; cioè d’Iddio. Sperino in te; ecco che assegna la cagione e l’autorità di David, che dice: Sperent in te qui noverunt nomen tuum ec., parlando a Dio dice: Sperino in te, nella tua Teodia; cioè nella tua deità, Dice; cioè David, a color; cioè a tutti coloro, che sanno ’l nome tuo: E chi noi sa; quasi dica, dice l’autore: Ogniuno lo sa, s’elli à la Fede mia; cioè la fede di Cristo? La quale io Dante òne: imperò che fede è sustanzia delle cose da essere sperate ec.; sicchè chi à la fede, à la speranza. Tu; cioè santo Iacopo, mi stillasti; cioè stillasti e mettesti in me la speranza, co lo stillar suo; cioè co l’ammaestramento e dottrina sua, che tu mettesti nella tua Epistola canonica, che prima l’avesti da lui e poi la stillasti in me, Ne la epistola; cioè tua canonica, poi; cioè che fusti 1 stillato da lui, sì ch’io son pieno; cioè per sì fatto modo, che io Dante son pieno de lo stillamento d’amenduni voi; del Profeta e di te Apostolo. Et in altrui; cioè in colui, che leggerà questo mio poema, vostra pioggia; cioè la vostra dottrina del Salmista e di te santo Iacopo, che è stillata in me come la pioggia sopra colui sopra ’l quale piove, ripluo 2; cioè rinfondo e rimetto: imperò che quello, che io òne imparato da voi, lo scrivo, et altri dal mio scritto lo imparerà. E qui finisce la prima lezione del canto xxv, et incominciasi la seconda.

Mentr’ io dicea ec. Questa è la seconda lezione del canto xxv della terza cantica, nel quale l’autore nostro finge come santo Iacopo introduce santo Ioanni evangelista per trattare con lui de la carità, siccome appare nel seguente canto; ma prima dice di lui alquante notabili cose in questo canto. E dividesi questa lezione in parti cinque: imperò che prima finge come ancora lo detto apostolo santo Iacopo l’esaminò, dicendo che elli manifestasse che li prometteva la speranza; nella seconda finge come gli rispuose,

  1. C. M. fusti eletto da lui, et istillato che fusti ripieno dello Spirito Santo,
  2. Ripluo. Di qui si comprende quanto male si appellino impersonali i verbi fenomenali, che nel significato metaforico appo dei classici vanno con tutte le persone. I Grammatici si guardino un po’ in seno ed entrino finalmente nella vera via. E.