Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/712

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àe assimigliato a lo specchio, e le cose che si vedono nello specchio fanno lo specchio parellio di sè, e non lo specchio fa di sè parellio a le cose; ma Iddio fa di sè parellio a le cose: imperò che fa le cose rilucere in sè, e non le cose fanno sè in lui rilucere. E poi che àe manifestato come fa rilucere in sè tutte le cose, dimostra a Dante quello ch’elli vuole sapere e che elli comprende nella essenzia divina, che Dante voglia sapere; e però dice: Tu; cioè Dante, vuoli udir; cioè da me Adam, quant’è; cioè quanto 1 è, che Dio mi puose; cioè che Iddio puose me Adam, Ne l’eccelso giardin; cioè in el paradiso delitiarum — , ove; cioè nel quale paradiso, costei; cioè la santa Teologia, A così alta scala ti dispuose; cioè ordinò te et apparecchiò a montare così alta scala, come è questa del paradiso celeste. E per questo si debbe intendere che, poi che l’uomo è venuto 2 dell’animo purgato, monta a le virtù contemplative; e però fa l’autore questa fizione, che la santa Teologia dispogna l’animo a le virtù contemplative, poi che l‘omo àe passato 3 le virtù politiche prima, morali, e poi le purgative; sicchè quelle dell’animo purgato, che sono contemplative, seguitano che sono la beatitudine e felicità umana. E quanto fu ’l diletto alli occhi miei; cioè e vuoi sapere tu, Dante, quanto durò a li miei occhilo diletto del paradiso terrestro, E la propria cagion del grande sdegno; cioè perchè Iddio si sdegnò contra l’uomo, che fu lo maggiore sdegno che potesse essere: imperò che Iddio è maggiore di tutte le cose, E l‘idioma; cioè e ‘l modo del parlare, che io; cioè lo quale io Adam, usai; cioè nel mondo da prima, e ch’io fei: imperò che io fui prima trovatore del modo del parlare.

C. XXVI — v. 115-132. In questi sei ternari lo nostro autore finge come Adam rispuose ora a la sua voluntà, la quale àe manifestato di sopra avere veduta in Dio, dicendo così: Or; questa è interiezione esortante e confortante l’autore a l’attenzione; potrebbe anco essere avverbio temporale, cioè avale, figliuol mio: ben chiama Adam Dante suo figliuolo: imperò che tutti siamo figliuoli d’Adam, non lo gustar; cioè l’assaggiare, del legno; cioè del pomo del legno vietato, Fu per sè la cagion di tanto esilio; cioè di tanto sbandeggiamento, quanto seguitò poi de l’umana generazione, che stette in bando del paradiso celeste, poi che Adam fu cacciato del paradiso delle delizie 4302 4 anni, Ma solamente il trapassar del segno. Iddio aveva dato, siccome creatore, ad Adam siccome sua creatura in libertà d’arbitrio, acciò che per l’obbedienzia

  1. C. M. quanto tempo è, che
  2. C. M. venuto alle virtù purgatorie monta da quelle alle virtù dell’animo purgato, cioè alle virtù contemplative;
  3. C. M. à passato prima le virtù politiche e morali
  4. C. M. 5232 anni,