Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/800

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rato di sopra: già sono stati poeti comici e tragici, che non ànno potuto seguire in alcuno passo la sua materia, come si convenia. Et arreca una similitudine, dicendo: Chè; cioè imperò che, come ’l Sole in viso; cioè nella vista, che più lo teme, e che più trema; e dibattesi, perchè non lo può patire per lo suo eccessivo splendore, Così lo rimembrar del dolce riso; cioè di Beatrice, La mente mia 1; cioè di me Dante la virtù mia apprensiva, estimativa e memorativa, da me medesmo scema; cioè manca et indebolisce, come lo Sole indebilisce lo debile viso.

C. XXX — v. 28-45. In questi sei ternari lo nostro autore finge sè non potere dire l’eccellente bellezza di Beatrice; e come si trovò sallito dal nono cielo al cielo empireo, di ciò fatto avveduto da Beatrice, dicendo così: Dal primo giorno, ch’io; cioè Dante, viddi ’l suo viso; cioè di Beatrice, In questa vita; cioè mondana dove era l’autore, quando le cose vedute scrisse, infine a questa vista; cioè infine a questa veduta, che io Dante ebbi di lei, saliitti dal nono cielo a l’empireo, Non è ’l seguir; cioè la sua vista, preciso; cioè tolto, al mio cantar; cioè a la mia cantica di dirlo: imperò che tutta via l’òne seguito e dichiarato in questo mio poema. Ma or convien che ’l mio; cioè di me Dante, seguir, Più poetando dietro a sua bellezza; cioè a dire la bellezza, secondo fizione, della santa Teologia, fingendo ch’io parli di Beatrice, desista; cioè si rimagna, Com’all’ultimo suo 2 ciascuno artista; cioè come conviene desistere a ciascuno artefice di seguire più oltre, quando è venuto al suo fine, cioè a quel 3 ch’elli ne sa: imperò che più oltre non può ch’elli sappia; e così arreca questa similitudine a suo proposito: Cotal; cioè Beatrice sì fatta, quale io la lasso; cioè come fatta io Dante la lascio, cioè di dire, perchè eccede tanto lo mio ingegno, ch’io non la potrei dire, a maggior bando; cioè a maggior loda e fama, Che quel; cioè bando sia, de la mia tuba; cioè del mio parlare, Che; cioè lo qual parlare, deduce; cioè che estende, L’ardua sua materia; che tratta del cielo empireo, sicchè bene è più alta, che possa essere, terminando; cioè arrecandola a fine, Con atto e voce di spedito duce; cioè di guida sollicito, Ricominciò; cioè essa Beatrice a parlare, dicendo: Noi siamo; cioè tu, Dante, et io, usciti fuor e Del maggior corpo; cioè del nono cielo, che è lo primo mobile e maggiore corpo che tutti li

  1. C. M. La mente mia da me medesmo scema; cioè la virtù mia apprensiva, estimativa e memorativa manca et indebilisce per lo Sole, quando ella più lo teme, e così io indebilia dell’altezza della materia, come la vista indebilisce dall’eccesso dello splendore del Sole. Seguita.
  2. L’ultimo vince l’artista: conciossiachè l’ultimo dell’arte sia palingenesiaco, e quindi infinito. E.
  3. C. M. quel, che s’à proposto di dire, o a quel che ne può sapere: imperò