Pagina:Compendio del trattato teorico e pratico sopra la coltivazione della vite.djvu/123

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polveri di garofolo, di cannella, di zenzero, d’iride fiorentina, di fiori di timo, di lavanda, e di maggiorana.

Si mette in un vaso verniciato una o più di queste sostanze, e si fanno fondere ad un dolcissimo fuoco; vi si immergono delle fettucce di tela larghe un pollice, e lunghe un piede. Si lasciano raffreddare, e allora si fanno dei pacchetti, che s’incartocciano con attenzione. Come si voglia dare lo zolfo a una botte (il che si fa ordinariamente, allorchè sia levato il vino, e quando si voglia metterne di nuovo), si taglia un pollice quadrato di zolfanello, che si attacca a un filo di ferro, e dopo averlo acceso, si fa entrare nella botte in maniera, che il manico di detto filo di ferro chiudendo esattamente l’apertura, impedisca di sortire al vapore che si produce.

In qualche paese non si abbrucia che un zolfanello nella botte, in altri se ne abbruciano molti, dopo avervi posti alcuni boccali di vino, che si agitano per ogni verso, allorchè abbia cessato di ardere, e continuando a bruciare zolfanelli, ed aggiungendovi del mosto. Si fa così il vino muto (vin-




    gli aceti, ec. In questo esamina con esattezza, se giovi o no lo zolfamento; e come si possano chiarificare i vini. Questo bravo enologo, noto al pubblico per altre non meno utili produzioni, à data in oltre la traduzione di gran parte del secondo volume di quella stessa opera in grande, di cui io, ò l’onore di presentare la versione del compendio.— Il trad.