Pagina:Confessioni d'un scettico.djvu/131

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lettera xxiii. 127

ideale ripescato nei cimiteri ascetici? quel cielo a cui si volgono sospirando certi cristianelli annacquati che si dimezzano in seno la fede e la scienza, è disparito innanzi ai telescopi astronomici che ci svelarono l’infinito cosmico. Il nostro cielo verace è in mezzo di noi. Che è dunque l’ideale? non altro che la forma più alta del reale; non vien dal di fuori come una virtù piovuta negli organi moribondi, ma s’ingenera, si matura, si moltiplica perennemente negli organi che lo contengono e lo producono. È il nuovo Dio che ciascheduno porta in sè stesso ma che non siede in alcun cielo al di là della terra.

Se dunque il reale è sacro appunto perchè contiene l’ideale, cioè la miglior parte di sè stesso che si conquistò nell’esperienza degli organi, comprendi tu la paura di certi tartufi superstiti del mondo moderno, che annunziano disastri intellettuali e morali per il predominio del realismo nell’arte contemporanea? comprendi tu certe proteste