Pagina:Copernico - Poemetto Astronomico.djvu/55

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( LIV.)


Come dentro de i corpi abitan l’Alme
Immuni, e illese dal calor vitale,
Anzi da quello invigorite, e deste;
1165Così nel Sol d’ardente ignea natura
Nascono creature, e cingon vesti
D’incombustibil tiglio, e d’amianto.
E come esser potria d’Uomini privo,
D’Uomini quanto vuoi da noi diversi,
1170Fra tante Sfere, che n’abbondan tutte,
Il Sol, che della vita è fonte, e Padre,
E riscalda, e sviluppa i germi tutti?
Ma l’ora ch’io ti lasci è omai vicina,
E pria, che tu ti parta appien ti svelo
1175Il mio concetto su i celesti influssi.
E se cosa sin or ti dissi, in Terra
Da me non scritta, o se dirolla appresso,
Sappi, che l’Alme del suo fral disciolte
Veggon più chiara la Natura, e Dio,
1180Nè la nebbia mortal le offusca, e accieca;
Ne temon più, che l’ignoranza insana,
E l’emulazion dell’altre Sette
Machini contra lor calunnie, e frodi.
Dunque io sprezzo, e derido, e volgo in gioco
1185Quella fatai necessità de gli Astri


Che