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questo. - E gli mise in mano qualche lira. - Va’, e fatti coraggio; qui hai da per tutto dei compaesani, non rimarrai abbandonato. Adios.

Il ragazzo gli disse: - Grazie, - senza trovar altre parole, uscì con la sua sacca, e congedatosi dalla sua piccola guida, si mise lentamente in cammino verso la Boca, pieno di tristezza e di stupore, a traverso alla grande città rumorosa.

Tutto quello che gli accadde da quel momento fino alla sera del giorno appresso gli rimase poi nella memoria confuso ed incerto come una fantasticheria di febbricitante, tanto egli era stanco, sconturbato, avvilito. E il giorno appresso, all’imbrunire, dopo aver dormito la notte in una stanzuccia d’una casa della Boca, accanto a un facchino del porto, - dopo aver passata quasi tutta la giornata, seduto sopra un mucchio di travi, e come trasognato, in faccia a migliaia di bastimenti, di barconi e di vaporini, - si trovava a poppa d’una grossa barca a vela, carica di frutte, che partiva per la città di Rosario, condotta da tre robusti genovesi abbronzati dal sole; la voce dei quali, e il dialetto amato che parlavano gli rimise un po’ di conforto nel cuore.


Partirono, e il viaggio durò tre giorni e quattro notti, e fu uno stupore continuo per il piccolo viaggiatore. Tre giorni e quattro notti su per quel meraviglioso fiume Paranà, rispetto al quale il nostro grande Po non è che un rigagnolo, e la lunghezza dell’Italia, quadruplicata, non raggiunge quella del suo corso. Il barcone andava lentamente a ritroso di quella massa