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ceri (se pur con essi ebbe commercio giammai), con tanto ostinato studio vi si applicò che in altri sei mesi giunse ad intendere perfettamente dieci libri d'Euclide, cosa, sclama l’autor citato, a’ nostri giorni inaudita! Il Platina poi narra, che dopo Euclide diedesi a meditare tutti gli altri matematici più insigni, onde in piccolo spazio di tempo fu anche in questa scienza versato a segno... che un inverno intero, le sere dopo la cena, senz’alcun preventivo apparecchio spiegò ad un suo discepolo l’opera intera d’Euclide.»1 L’Affò per iscusare alla meglio il Pelacane non volle prestar fede al Prendilacqua, ma piuttosto al Platina, biografo egli pure del Feltrense, il quale «ad avarizia non già, bensì alla sola inurbanità di Biagio, attribuisce l’aver egli perduto la gloria di annoverare tra i suoi discepoli quell’uomo grande; soggiungendo ambidue gli scrittori (il Prendilacqua ed il Platina) come pentimento e rossore ne avesse poi, quando vide quel giovane senz’altra guida introdursi, e perfettamente avanzarsi nelle matematiche discipline.»2Io lascerò il pensiero di scegliere fra que’ due racconti, a chi volesse farsi l’elogista del Pelacane. E rimanendo nell’ufficio semplice di storico dirò che anche questo fu uomo, per que’ tempi assai valente, e che molte opere compose.3 Più tosto



  1. Idea dell’ottimo precettore nella vita e disciplina di Vittorino da Feltre e de’ suoi discepoli. Libri quattro del Cav. Carlo De’ Rosmini roveretano. Bassano, 1801, Tip. Remondiniana, pag. 36-39.
  2. Affò. Memorie degli scrittori e letterati Parmigiani. Parma 1789. Tom. ii pag. 115.
  3. L’ Affò ne diede minuto ragguaglio, notando che quella De Perspectiva «è senza dubbio l’opera più studiosa dì Biagio, ove mostrò il suo acume nelle cose spettanti all’Ottica, trattate con dottrina matematica» l. c. pag. 123.