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rica settentrionale a’ navigatori scandinavi, e veneti1); ma sibbene ne’ raziocinj pe’ quali, nella comune ignoranza dell’incognito continente, e contro pregiudizj universali al suo tempo, conobbe dover essere navigabile l’oceano occidentale, e possibile di pervenire per di là a meta felice.

Non è poi da confondere la quistione sopra l’introduzione dell’aritmetica araba o indiana, con quella intorno all’uso delle cifre; e ben potrebbe essere che di molto più antiche di Leonardo fossero queste. Ed invero non pare negabile a M. Chasles e ad altri eruditi francesi, trovarsi segni molto analoghi alle cifre moderne in alcuni Codici di Boezio; ed anche che quelle cifre erano adoprate ad uso di calcolo nell’Arco appellato Pitagorico. Ma che quelle identiche o similissime figure fossero gli apices di Boezio, e non più tosto fossero sostituite agli apici da copisti posteriori, ciò non può essere de-



  1. Vedi Mémoire sur la découverte da l’Amérique au dixième siècle, par Charles Christian Rafn, publié par la Société Royale des Antiquaires du Nord. Copenhague 1843. Imprimerie de J.-D. Quist. Questa Memoria presenta il sunto delle Antiquitates Americanae, sive Scriptores septentrionales rerum Ante-columbianarum in America, opera et studio Caroli Christiani Rafn.
         Una precedente analoga Memoria del medesimo Rafn, scritta in danese, fu tradotta in italiano, e stampata a Pisa nel 1839 da Jacopo Gråber de Hemsö. Dal Volume medesimo delle Mémoires de la Societé Royale des Antiquaires du Nord (Copenhague, 1843) vedo che nel 1839 anche il ch. prof. Biondelli stampò in Milano un suo scritto sopra l’argomento medesimo. Ne avea parlato prima anche il Card. Zurla nell’opera sua Di Marco Polo e degli altri viaggiatori Veneziani più illustri (Venezia 1818, e 1819) nell’illustrare i viaggi e le scoperte delli Zeni, posteriori alle più antiche degli Scandinavi, ma di molto anteriori a Cristoforo Colombo. (Ved. Vol II)