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parteciparvi a Lionardo, a cui è dovuta per intero.»1

Leonardo recò in Europa l’Aritmetica e l’Algebra; e questi furono due gran benefizj fatti alla scienza. Ma le recò non ne’ primi loro elementi, sibbene già sviluppate; ed egli medesimo le ampliò 2. Questo è vera-



  1. Guglielmini nota n pag. 473, 174. V. anche le note ddd pag. 194 e seg. fff pag. 207 e rrr n.o 3 pag. 237. E nell’Elogio al n.o 28 pag. 32.
  2. «Se Leonardo non fu il primo che rivelasse all’Europa questa scienza [l'Algebra] (ciò che fece il Cremonese) egli ne fu nondimeno il più gran promotore, e fu il primo tra gli europei che l’arricchisse di scoperte proprie superando i suoi maestri greci ed arabi e antivenendo di più secoli non poche tra le belle speculazioni del Tartaglia, del Cardano, del Viète, del Fermat e d’altri algebristi. Anzi l’Algebra di Leonardo sovraneggiò nelle scuole fino verso il cinquecento senza quasi progredire d’un passo oltre a quel punto a cui egli recolla, cosicchè la cognizione delle sue opere ci fa conoscere ad un tratto lo stato della scienza per tutto quel tempo.» (Civ. Catt. l. c. p. 458) «... Egli (Leonardo) ci dà pel primo la vera interpretazione delle soluzioni negative e mostra con ciò sì giusto concetto della quantità negativa che forse più non è lecito l’annoverare col Cossali (Vol. I. p. 283) tal concetto tra i progressi che fece l’analisi da Leonardo a Frate Luca Pacioli.» (Civ. Catt. l. c. p. 462) «.... Essi [il Chasles, il Woepke e il Genocchi] concordano nel levare a cielo l’ingegno, la profondità e l’originalità del matematico pisano, il quale messosi nel difficile campo dell’analisi indeterminata di 2o grado, non si tenne già pago a calcare le orme o de’ suoi maestri greci Diofanto ed Euclide o dell’arabo Alkarkhi, le cui opere sembra ch’egli conoscesse, o degl’Algebristi indiani che forse gli furono del tutto ignoti, ma con ricerche e con dimostrazioni per lo più tutte nuove e tutte sue dilatò d’assai i confini dell’Algebra e stabilì e divinò parecchi secoli innanzi molti bei teoremi onde poi s’illustrarono il Bachet, il Frénicle, il Fermat e il grande Eulero." (ivi pag. 463, 464).