Pagina:Del riordinamento amministrativo del Regno (Carpi).djvu/14

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passato il parossismo degli attuali gravissimi avvenimenti, possano risorgere le antiche gare di campanile, e per antivenire a questo pericolo, egli trova buon consiglio l’appagare le tendenze locali coll’istituzione delle regioni (ombre di autonomie pur sempre nocive); a me invece parrebbe se il soverchio amore all’Italia mia non mi fa velo all’intelletto, che fosse ufficio pietoso pel bene d’Italia, di abilmente valersi di questi supremi momenti, procedendo nelle necessità presenti con fermezza di propositi, per farla per sempre finita colle autonomie delle circoscrizioni che altra volta formavano Stati indipendenti.

Del resto, sapendo quanto sia difficile l’arte di governare, non farei soggetto di severo sindacato se in ispecialissimi casi si adottasse provvisoriamente, e quasi direi ex lege, qualche isolato temperamento conciliativo di transizione purchè scevro d’ogni carattere di stabilità. Ma qualora trattisi di seria, completa e definitiva riorganizzazione territoriale ed amministrativa del Regno, non saprei ottemperare a nessuna misura che tendesse a riconsacrare in qualsiasi guisa le oramai spente autonomie di cui sopra è parola. A questo punto confesserò apertamente come io per istinto e per riflessione tengo per fermo che per fare l’Italia degli italiani, e per condurla a’ suoi alti destini attraverso le grandi burrasche che ci restano a superare, faccia d’uopo di una centralizzazione potente delle forze tutte della nazione coi temperamenti amministrativi liberali di cui parlerò in appresso, subordinatamente però alla ragione suprema della salute della patria, e sotto il sindacato del Parlamento.

Non mi seduce come condizione normale, ma mi attira in questo momento solenne di risorgimento