Pagina:Dell'oreficeria antica.djvu/32

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opera successivamente tutti gli agenti chimici, alcune miscele metalliche e i fondenti più vigorosi. Rovistammo gli scritti di Plinio, di Teofilo e del Cellini; furono con ogni cura osservati i lavori degli orefici Indiani, e di quelli di Malta e di Genova; non fu insomma dimenticata veruna di quelle fonti dove si potesse attingere qualche buon insegnamento. Finalmente donde meno si potea aspettare ci venne alcuno aiuto efficace.

Nascoso tra le più alte montagne degli Appennini, è un piccolo borgo che si chiama S. Angelo in Vado, dove si fabbricano gli ornamenti di oro e di argento di che si fan belle quelle montanine. Quivi par che si conservi almeno in parte l’antichissima tradizione dell’arte di lavorare in oro ed in argento; e quegli artefici, separati in tutto dal commercio de’ cittadini accolti nelle grandi capitali, ed anche nelle men vaste città di provincia; esclusi, per così dire, dal contatto delle cose moderne, fabbricano corone di filagrana, infilzate di margarite dorate, ed orecchini di quella forma speciale che si dice a navicella, con metodi quali forse furono gli antichi, poichè tali gioielli somigliano non poco a quelli rinvenuti ne’ sepolcri greci ed etruschi, tuttochè per la eleganza delle forme, e pel gusto sia ben lunge che li eguaglino.

Furono da noi quindi chiamati a Roma alcuni operai di quel borgo i quali, non conoscenti de’ mezzi meccanici usati generalmente dai moderni, ci riuscirono infinitamente più abili a copiare gli ori antichi