Pagina:Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (Rosmini).djvu/106

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anime; il principe ne ha molti. E egli verisimile che il principe fra’ suoi molti interessi e fra i molti interessi de’ suoi aderenti faccia dominare sempre nella nominazione de’ Vescovi, come supremo, l’interesse della Chiesa? È egli possibile che nel suo animo il pensiero del ben della chiesa sia continuamente presente, e così forte, da lottare con tutti gli altri pensieri e vincerli? Quale eroe, quale apostolo non sederebbe allora sul trono?

Il principe dovrebbe contentarsi che il vescovo fosse un suddito fedele a tutte prove; ed è impossibile che nol sia, se sarà un uomo santo, pieno il petto dello spirito del Vangelo e della Chiesa. Ma egli non deve esigere nulla di più dal vescovo; non deve esigere che il vescovo sia un suo agente secreto, e se mi si permettesse di dirlo, un misero impiegato di polizia. Ciò snaturerebbe il carattere vescovile, e violerebbe la massima fondamentale dell’Episcopato. «Niuno che militi a Dio, s’implica di negozî temporali;» massima sì delicata, che si viola fin coi pensieri. In somma v’ha differenza fra la fedeltà evangelica che nasce dalla coscienza e che ha per fondamento la rettitudine della giustizia, e la fedeltà politica che nasce da vincoli di umano interesse, e non intende alla giustizia, ma ha per fondamento l’utilità. Il vescovo è l’uomo della giustizia, e dee poterlo essere liberamente; e il principe cristiano non deve istituire una speculazione nè politica nè economica sul suo sacro carattere. Ma pur quale è la principal guida del principe, parlando di buona fede e in generale, se non la politica? E in tutti gli altri affari, fuor di quelli della Religione, potrebbe egli averne un’altra? Come adunque un tale e tanto affare, la nomina dei vescovi, in cui niuna mira politica, ma solo una mira tutta pura e spirituale dovrebbe aver luogo, sarà egli bastevolmente assicurato, ove sia commesso alle mani di un uomo, cui le sue circostanze, le sue abitudini, l’educazione, gli esempi sforzano ad operar sempre politicamente? Dovremo aver tanta fiducia da riposarci tranquilli, non dubitando punto che appresso di lui gl’interessi della Religione non prevalgono sempre a quelli della politica? E che dico io, dicendo la politica? Non forse tal cosa che sempre è desta a trarre da tutto vantaggio, che suol nutrirsi di ogni cibo, e distillare ne’ suoi lambicchi tutto ciò che le venga alle mani? Ed ora il vescovo eletto dalla politica che sarà? Lasciol pensare a chicchessia. Ha dunque bisogno la chiesa di figli della politica?

115. Fu un tempo, che guerra accanita si mosse dalla chiesa alla simonia; della quale non si credeva che aver vi potesse vizio alla chiesa o più dannoso o più obbrobrioso. Ma la simonia secreta non è ella meno per questo simonia? La simonia disguisata dalla politica è ella meno sozza e trista? La cancrena che non duole è ella manco mortale della piaga che duole e fa metter guai? E i fini temporali che si mescolano alle nominazioni de’ vescovi; e i mezzi destri pei quali ottener le sedi dal principe, sono forse altro che simonia? Simonia raffinata, sì, decente, e fino modesta: non ributta colla sfacciataggine, non duole in somma: mal segno, dico io! la cancrena è fatta, e ci vuole il ferro.

Perchè mai il principe mette tanto impegno a tirare a sè le nomine de’ Vescovi? È forse il bene della chiesa che in ciò gli sta a cuore? Se questo fosse, egli è evidente che lascerebbe scegliere i Vescovi alla chiesa stessa; perocchè è impossibile che egli presuma di poterli scegliere meglio di lei. È per aver ne’ vescovi semplicemente de’ sudditi fedeli, secondo le massime del Vangelo, e secondo lo spirito della chiesa? Se questo fosse, egli dovrebbe per ciò appunto lasciare alla chiesa, stessa l’eleggerli, giacchè più un Vescovo è degno di tal carattere, più anche è santo, più è uomo apostolico; e più è altresì fedele, di una fedeltà netta e cristiana. Badisi bene: dico fedele, anche a costo della propria vita; non dico adulatore, non dico cor-