Pagina:Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (Rosmini).djvu/76

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tanti secoli nella costante tendenza di asservare la chiesa, mediante un’alternativa di benefizi e di soperchierie era arrivato finalmente tanto innanzi, che non poteva più; la conquista era compiuta: la Chiesa stessa sembrava stanca in questo decimo secolo di gridare e di protestare inutilmente contro alle usurpazioni, parea che non trovasse più nè voce nè fiato, o che fosse divenuta rauca; sì debolmente e di rado parlava.

Noi siamo al più infausto de’ secoli. Il Clero fuori della sua via, accecato dai beni temporali, e per poco assuefatto a mercanteggiare la dignità e la coscienza: s’aggiunse una notabile circostanza, valida ad aiutare la ecclesiastica servitù, cioè la potenza di Ottone I, che umiliò i grandi signori e rese più forte e assoluto il potere monarchico: grande beneficio alla società, se il potere monarchico non fosse stato istradato nella via dell’usurpazione de’ diritti della Chiesa. Con tale precedenza, con viziosa consuetudine, ogni accrescimento di sua forza non era che un accrescimento della stessa usurpazione1.

Nel principio del secolo xi si trovò dunque la libertà delle elezioni intieramente perita.

Dell’Inghilterra l’Abate Ingolfo contemporaneo di [[w:Guglielmo I d'Inghilterra|Gugliemo il conquistatere]] dice così:

«Da troppi anni a questa parte non si fa più alcuna elezione di prelati meramente libera e canonica; ma tutte le dignità tanto di Vescovi come di Abbati, la regia corte le conferisce coll’anello e il bastone a suo bel piacere»2.

Della Francia nel tempio di Filippo I così il Papa si lamentava con Procleo vescovo di Chalon:

«Fra gli altri principi di questo nostro tempo, che con perversa cupidigia mercanteggiando hanno del tutto conculcata la loro madre; abbiamo di sicura relazione saputo, che Filippo re de’ Franchi ebbe sì fattamente oppresse le Chiese gallicane, che sembra esser già pervenuto all’estremo suo punto il soperchio di sì detestabile tentativo. La qual cosa noi la portiamo in vero con tanto maggior cordoglio in quel reame, quanto che si sa come esso altre volte fu e per prudenza, e per religione, e per forza più potente ad un tempo e verso la romana Chiesa molto più devoto»3.


  1. Ciò non avvenne subito. Ottone i fu religioso principe e pio, e siede terzo con quei magni Alfredo e Carlo. Di lui si recano più fatti che provano il rispetto suo verso la Chiesa e l’autorità di lei. Ad un conte che gli dimandava i beni di certo monastero per mantenere i soldati, rispose sdegnosamente che «col dare ai laici i beni della Chiesa, gli parrebbe offendere il precetto di Cristo: Non vogliate dare ciò che è santo a’ cani.» Giovò assai la Chiesa Romana; sancì la libertà dell’elezione del Sommo Pontefice. Non è dunque Ottone che finisse di opprimere la libertà ecclesiastica: ma questa finì di spegnersi per una conseguenza del maggior potere legato da Ottone a’ suoi successori, che nè come lui furono retti, nè di un pensare tanto come il suo ampio a magnanimo. Aggiungerò di più, che un’altra delle circostanze che preparò la totale rovina dell’ecclesiastica libertà consumata nella prima metà del secolo xi, si fu anzi lo zelo religioso di piissimi principi, massime del i e del iii Ottone, e del santissimo imperatore Enrico; i quali misero le mani nella Chiesa con sincero animo di giovarle, e la Chiesa vedendo il vantaggio che gliene proveniva, non vi si oppose: ma indi appunto avvenne, che i loro successori si trovarono come in possesso di disporre delle cose ecclesiastiche, che poi fecero servire alle proprie passioni.
  2. A multis annis retroactis nulla electio Praelatorum erat mere libera et canonica sed omnes dignitates tam Episcoporum quam Abbatum per annulum et baculum regis Curia pro sua complacentia conferebat.
  3. Inter caeteros nostri hujus temporis principes, qui Ecclesiam Dei perversa cupiditate venumdando dissipaverunt, et matrem suam ancillari subjectione penitus conculcarunt, Philippum, regem Francorum Gallicanas Ecclesias in tantum oppressisse certa relatione didicimus, ut ad summum tam detestandi hujus facinoris cumulum pervenisse videatur. Quam rem de regno illo tanto profecto tulimus molestius, quanto et prudentia et religione et viribus noscitur fuisse potentius, et erga Romanam Ecclesiam multo devotius. Ep. 33.