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stesso che un dire, che i principi si sottomisero alla costituzione imposta loro dal Vangelo, e così accolsero e riconobbero il principio ed il seme immortale di tutte le civili riforme.

Una tale costituzione certamente non uscì alla luce, nè resesi perfetta all’istante stesso che gl’imperatori si fecero cristiani; perciocchè noi parliamo, ed è questo che si dee ben osservare di una costituzione di fatto. Conveniva che prima il Vangelo si conoscesse e si abbracciasse da’ popoli e da’ monarchi; poi ch’egli penetrasse ne’ loro cuori e signoreggiasse la loro persuasione, il che non si potea far così presto; conveniva poi, che da’ principî del Vangelo si deducessero le conseguenze, che si applicassero que’ principî alla maniera di governare, il che pure non picciol tempo esigeva; finalmente era bisogno che il cristianesimo negli animi dei monarchi acquistasse tal forza, che traesse da essi la risoluzione: «Noi siamo cristiani, vogliamo essere coerenti a noi stessi, vogliamo che la legge del Vangelo regoli la nostra potenza, trionfi delle nostre stesse passioni.» Questo era il gran fatto! e s’ottenne, ma un pò alla volta; e fino che questo vigore della religione non s’era spiegato ne’ monarchi, essi non bassavano ancora il superbo capo: nè da monarchi assoluti, potean rendersi, in ossequio del Dio divenuto fratello a tutti gli uomini, monarchi costituzionali. Ora io dico, che quando questa costituzione fu fatta, essa non fu limitata al solo articolo toccato dall’illustre uomo che abbiamo citato di sopra; ma ve n’ebbe degli altri, e tutti quelli che lo spirito evangelico venne di mano in mano e verrà alle nazioni dettando.

93. Tre stati adunque si distinguono del cristianesimo rispetto al parere politico; quando gl’imperanti non eran ancora entrati nella chiesa, quando entrati non aveano ancora subìto la salutare influenza del Vangelo, e quando questa influenza ebbe portato a loro prò i suoi più benefici effetti.

Fino che la Chiesa di Cristo non possedeva che il popolo, e il sovrano era a lei straniero, ella non potea rivolger la voce de’ suoi celesti ammaestramenti che al popolo, e gli diceva: «Tu, o popolo fedele, gemi sotto il dominio bene spesso tirannico di principi empî o superstiziosi che adorano i falsi numi: Sopporta in pace la tua oppressione: mira tutto ciò che avviene, come scritto nell’ordine della Providenza: ella veglia sopra di te: quella potenza non sarebbe in mano di principi infedeli, se non fosse anch’essa ordinata dall’eterna Providenza a tuo profitto; perchè ogni potenza viene da Dio, che è l’onnipotente. Non v’ha che il peccato che sia male, non v’ha che la virtù che sia bene. Curati di questa, e il resto abbandona alle sollecitudini del tuo padre che sta ne’ cieli. Quando a lai ne parrà, quando egli vedrà che un altro ordine di cose dia a te più copia di meriti per l’eterna vita; allora egli muterà le cose esteriori, e tu avrai fra di te i tuoi principi. Intanto rispetta quelli che ti son dati, ubbidiscili in tutto ciò che non è avverso alla legge di Dio; combatti, muori per essi: e questo non per timore, ma il fa’ per coscienza, cioè per onorare in essi quei Dio che dall’alto tutto dispone le cose umane.»

Quando poi venne il tempo in cui i principi si convertirono alla fede, al popolo tenne sempre lo stesso discorso; ma ella tolse ad ammaestrare anche i principi; e perchè nei principi non era ancora penetrato il Vangelo bene a fondo, e non l’avevano che alla superficie, ella parlò loro per così dire non in pubblico, ma in privato; e nel tempo che da una parte diceva al popolo. «Non ti consentirò mai di ribellare al tuo sovrano, sia egli pur discolo; o se tu se’ popol di Cristo, è l’umiltà che dei professare, la sommissione e il sacrificio:» dall’altra, prendeva separatamente i monarchi da parte, e diceva loro: Sappiate che voi non siete più che uomini: che gli uomini sono uguali innanzi all’Eterno; che voi sarete giudicati da Cristo come l’ultimo

Rosmini - Cinque Piaghe.10