Pagina:Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (Rosmini).djvu/93

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ritratti dal provvedere alla salute della Chiesa da Dio loro affidata e già venuta nell’estremo pericolo! Poteva essere una tale viltà d’animo degna de’ sovrani pontefici? O non dovevano questi con tanta maggiore grandezza d’animo e spirito di sacrificio accingersi a quell’opera, che la fede nella parola di Cristo loro diceva dover essere in fine di certissimo riuscimento?

D’altro lato, quando mai si operò una grande riforma sulla terra, senza grandi scompigli? Quando si distrussero degli abusi universalmente invalsi, e inveterati senza ostacoli e contradizioni? Un popolo ha egli mai racquistato la perduta dignità senza sacrifizî? S’è mai resa felice una nazione, se non in passando per grandi sventure sostenendo le prove più dure? E la cattolica chiesa, questa comunanza di popoli, avvilita, schiava, si pretenderà che potesse farsi risorgere dal profondo dell’abbiezione, e ridivenire libera, senza una grande scossa, una grande sociale agitazione? Non sanno dunque ciò che si dicano quelle testicciuole che con tanta confidenza di sè stesse tolgono pur a sindacare quei grandi, i quali furono destinati dalla Providenza i primarî conduttori delle cristiane nazioni, e da essa incaricati della riformazione della umanità.

101. Io interrogo degli storici i più nemici de’ Pontefici, degli scrittori protestanti; ne dimando Hume e Robertson; e questi non possono a meno di riconoscere il fatto, che «il risorgimento della umana società venuta all’estrema degradazione, non pur della Chiesa, coincide coll’epoca del Pontificato di Gregorio VII1.» Bastava un occhio non infetto dal colore di passione, ad accorgersi che questa coincidenza non è casuale, e che ella si spiega mediante quegli atti umani e sublimi del Pontefice, contro i quali essi tanto declamano, e che pure, considerati nel pieno dei loro effetti, sono indubitatamente ridondati non meno in pro della Chiesa che della civil società, la causa delle quali è associata, o piuttosto una ed indivisibile. Ma il nostro argomento non riguarda che la libertà della Chiesa nelle elezioni de’ Vescovi2, e perciò restringiamoci pure a queste sole.

102 Il grido di libertà mandato da Gregorio riscosse la Chiesa di Dio da quella specie di assopimento da cui s’era lasciata prendere: parve un grido nuovo, dilettevole, utile: la fede, la giustizia, la dignità della Chiesa, come faville spente si ravvivarono a quel soffio in tutti i petti; e le Chiese particolari, i prelati quanti ne rimanevano di santi nella chiesa, risposero all’appello3, si arruolarono al segno della causa comune, ripeterono le antiche dichiarazioni e proteste

  1. «Gli abusi del governo feudale congiunti alla depravazione del gusto e de’ Costumi loro naturale conseguenza, per lunga serie di anni non aveano fatto che accrescersi; e sembra che verso la fine del secolo undecimo fossero venuti all’ultimo termine del loro accrescimento. A quest’epoca si vede cominciare la progressione in contraria parte, e da essa possiamo contare la successione delle cagioni e degli avvenimenti, l’influenza più o men gagliarda de’ quali più o men sensibile ha giovato a distruggere la confusione, la barbarie, e a sostituire l’ordine, la politezza, la regolarità.» Introd. alla Vita di Carlo v, Sez. I.
  2. Ricerca utile insieme e profonda sarebbe «l’esame de’ sentimenti di giustizia, di equità e di umanità che Gregorio vii ispirò nella società imbarbarita, e le utili conseguenze che ne provennero.» Per esempio, in un Concilio tenuto in Roma egli ebbe cura di fare una legge in favore dei naufraghi, ordinando: «che a qualsivoglia spiaggia approdassero, fosse rispettato il loro infortunio, e la persona e la roba de’ naufraghi nessuno di toccar si attentasse» — ut quicumque naufragum quemlibet et illius bona invenerit, secure tam eum quam omnia sua dimittat (Concil. iv Rom. sub Gregor. vii.). Questa è una di quelle leggi d’umanità che passarono nel diritto pubblico comune di Europa.
  3. Sarebbe infinito a dire quanto hanno affaticato e patito per la libertà della Chiesa, in conseguenza del movimento impresso loro da Gregorio, un S. Pier Damiano, un S. Anselmo di Cantorbery, un S. Anselmo di Lucca, un S. Ivone di Chartres, e più tardi un S. Bernardo e tanti altri insigni prelati che fiorirono successivamente nella Chiesa.