Pagina:Dialogo della salute.djvu/61

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da temere, nè dagli uomini nè dalle cose. Questa è la via.
N.
— Ma perchè taci? parla ancora! Non dir ch’io chiedo. O dillo anche, chiamami vile, debole, miserabile, ma parla, ferisci ancora; chè ora la sento la nausea, ora il tuo ferro m’è dolce.
R.
— Sì, sì! Eppoi andrai a casa, e alla serva che ti porterà il latte....
N.
— (come colpito da uno schiaffo) No! perchè?!
R.
— .... alla serva che ti porterà il latte chiuderai la porta in faccia....
N.
— (racconsolato) àah!
R.
— chiuderai la porta in faccia.
N.
— (esitante).... certo.
R.
— .... e griderai con voce cavernosa «vattene», e ti compiacerai della persona nuova che avrai preso: invece della persona della fame, la persona dell’uomo che ha coraggio di non aver fame. E per questa nuova persona nuovamente ti sentirai in diritto di farti largo, per continuare a vivere respingendo e oltraggiando gli altri, a cominciar dalla serva.
N.
— ?
R.
— La serva protesta? e tu la insulti. Lei grida più forte, e tu te ne vai....
N.
— (sconcertato) Ma...?
R.
— .... e tu te ne vai, aggrondato, sinistro. E mediti in cuor tuo vendetta per la tua dignità vilipesa; e maledici la rozzezza dei