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il diritto d’autore e le licenze open nella didattica


1.2. Il diritto d’autore sul web: due piani separati

Una soluzione (benché forzata) a questa discrasia tra diritto e società è quella di agire non tanto sul piano della legge in senso stretto quanto su quello contrattuale. Soggetti come Facebook, Google, Twitter, si pongono spesso come più veloci e agili rispetto ai tempi dei legislatori, dunque non fanno altro che scrivere le regole dei loro servizi e farle accettare agli utenti secondo un meccanismo contrattuale. Tutte le volte che qualcuno si iscrive a questi servizi deve accettarne i termini d’uso, al di là del fatto che li abbia realmente letti e compresi.

Quelle regole sono scritte da soggetti privati e commerciali e quindi hanno solo una valenza contrattuale. Tuttavia non si può sottovalutarne la portata, se ad esempio pensiamo alle dimensioni dell’utenza di Facebook (che numericamente supera la popolazione di una nazione come la Cina).

Ciò aggiunge ovviamente complessità al problema perché l’utente che genericamente naviga su Internet in cerca di un’opera creativa da riutilizzare deve di volta in volta non solo interrogarsi su quali siano le norme giuridiche che regolamentano i diritti su quell’opera (impresa già non facile, vista la transnazionalità di un medium come Internet), ma anche verificare i termini d’uso della piattaforma in cui ha reperito l’opera.

È comunque importante tenere presente che, con buona pace delle più fantasiose leggende metropolitane che vorrebbero Internet come “far west” anche in questo campo, il diritto d’autore esiste anche sui contenuti digitali e diffusi tramite Internet e funziona con gli stessi meccanismi del “vecchio mondo” delle copie fisiche. Che poi su Internet la copia e la


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