Pagina:Dieci lettere di Publio Virgilio Marone.djvu/17

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10 Lettera Seconda

golosi, non è egli un supplizio ben pensato? Plutone, che comincia Pape Satan Pape Satan aleppe, e a cui fò io complimento dicendogli, Maledetto lupo, io che l’avea posto in un trono di Re; il ghiaccio e il fuoco, le valli e i monti, le grotte, e gli stagni d’Inferno, chi può tutto ridire? Oh che dannate, e purganti, e beate anime son mai quelle, e in qual Inferno, in qual Purgatorio, in qual Paradiso collocate? Mille grottesche positure, e bizzarri tormenti non fanno certo gran credito a quell’Inferno, né all’immaginazione del Poeta. Tutti poi quanti sono ciarlieri, e loquacissimi di mezzo ai tormenti, o alla beatitudine, e non mai stanchi in raccontare le strane loro venture, in risolvere dubbi teologici, o in domandar le novelle di mille toscani loro amici, o nemici, e che sò io. Nulla dico de’ Papi, e de’ Cardinali posti in luogo di poco rispetto per verità, mentre Trajano imperatore, e Rifeo guerrier di Troja sono nel Paradiso. Rileggete con questa riflessione quell’imbroglio non definibile, e poi mi direte che ve ne sembri.

E questo è un Poema, un esemplare, un’opera divina? Poema tessuto di prediche, di dialoghi, di quistioni, poema senza azioni o con azioni soltanto di cadute, di passaggi, di salite, di andate e di ritorni, e tanto peggio quanto più avanti n’andate? Quattordici mille versi di tai sermoni chi può leggerli senza morire? Quale idea debbono aver della poesia que’ giovani, che si vedono appar d’Omero, e degli altri Maestri lodar Dante tanto da quelli diverso? Intendono dire da tutti, che un poema vuol essere disegnato, ed ordito con parti proporzionate tra loro e tendenti al Bello generale del corpo tutto; che dev’essere l’azione una e grande, a cui tutte l’altre abbian termine, interrotta ma non spezzata, sempre crescente e più ricca di bel-