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scritto, e a respingere qualunque mediazione, la quale non rispettasse nè la assoluta indipendenza della penisola, nè quell’unione delle provincie subalpine e boreali in un solo corpo; perchè unico e potente mezzo a guardarle da straniere invasioni.

Ma quando ne’ suoi primordii il Comitato centrale della società volgeva così franco e leale discorso al Potere costituito, offrendole anche il suo appoggio, l’idea della federazione s’era già fatto largo nella città, cominciava a spandersi nelle provincie, e a penetrare le varie parti della penisola; essa fu come la scintilla che accese l’incendio delle maggiori speranze, perché in essa si concentravano tutti gli affetti e gli interessi futuri della patria comune. Il Comitato però lasciando che l’idea madre facesse il giro d’Italia a suscitarvi l’entusiasmo soffocato, ma non ispento, dalla sventura, curava la organizzazione sua stabile, e rapidamente stabiliva l’impianto fondamentale della società. In pochi dì una commissione di eletti presentava un progetto di Regolamento provvisorio, il quale letto, discusso, emendato, cresciuto nel seguito di sole quattro sedute, uscì poco stante alla luce, ed è oggi non dubbia prova del senno e del valore di quelli, che gli diedero vita. Intanto i più accreditati giornali di questa città gareggiarono nel desiderio di entrare a parte della federazione; vollero assumere le insegne nostre sociali, inalberare lo stesso nostro vessillo, sul quale l’occhio curioso del patriota italiano osserva con compiacenza simboleggiato nel fascio di verghe sormontato dalla croce quell’unione politica, civile e religiosa di idee, di principii, di forze, che rese grande e potente un tempo l’Italia, e che sola può restituirle ancora l’antica maestà e potenza, e darle diritto di sedere al banchetto delle nazioni sorelle. E noi facemmo plauso e accogliemmo nel seno nostro i direttori e redattori del Risorgimento, della Concordia, dell’Opinione, del Messaggiere, del Conciliatore torinese, della Cronaca, del Mondo illustrato e della vispa Gaz-