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30 don chisciotte.

Di lì a non molto, essendo ignaro ognuno del fatto, perchè il vetturale giaceva tuttavia fuor di sè, un altro ne sopravvenne, avvisandosi, come il primo, di abbeverar i suoi muli. Anche costui tolse l’arme onde sbarazzare la pila; ma l’irato don Chisciotte, senza proferir parola o chieder favore a chicchessia, getta una seconda volta la targa, e alzata la lancia, senza romperla, della testa del vetturale ne fece più di tre, giacchè la spaccò in quattro parti. Accorse al rumore tutta la gente che trovavasi nell’osteria e cogli altri anche l’oste. Come don Chisciotte li vide imbracciò la targa; e posto mano alla spada così imprese a dire: "O donna di beltà, vigore e sostegno dell’affievolito mio cuore, ora è il tempo che tu rivolga gli occhi della tua grandezza a questo cavalier tuo prigione, a cui è imminente così perigliosa ventura!" E tanto lo accese il fervore con cui pronunziò queste parole, che non l’avriano fatto retrocedere tutti i vetturali del mondo. I compagni dei feriti, vedendoli pesti a quel modo, cominciarono da lontano a mandare sopra don Chisciotte una pioggia di pietre; ed egli andavasi parando alla meglio colla targa, e non osava scostarsi dalla pila per non abbandonare le arme. L’oste gridava forte che nol maltrattassero, avendo già fatto saper loro ch’era un pazzo, e che come pazzo la passerebbe netta quand’anche li ammazzasse tutti. Don Chisciotte dal canto suo con più alta voce li chiamava tutti codardi e traditori, aggiungendo che il signor del castello era un vile e malnato cavaliere, dachè tollerava che si trattassero a quel modo i cavalieri erranti: e buon per lui ch’egli non era per anche armato cavaliere, altrimente gli avrebbe fatto pagar il fio del suo tradimento. “Di voi poi, ribalda e bassa canaglia, non fo verun conto: scagliate, accostatevi, oltraggiatemi quanto potete, chè ben avrete il guiderdone che si conviene alla vostra stolida audacia„. Proferì queste parole d’un modo sì risoluto e sì franco che mise uno spavento terribile negli assalitori: i quali tra per questo, e per le persuasioni dell’oste cessarono dal colpirlo, e si ristette pur egli dal tentar di ferire, tornando alla veglia dell’arme con la stessa tranquillità e col sussiego di prima.

Non parvero punto piacevoli all’oste le burle di questo suo ospite, e quindi si decise di finirla, contentandolo di quel suo malaugurato desiderio di essere armato cavaliere, prima che avvenisse di peggio. Accostatosi a lui pertanto si scolpò di quanto gli era stato fatto da quella bassa gente, che senza sua saputa era arrivata a tanto eccesso, e lo assicurò che a suo tempo ne pagherebbero il fio. Gli ripetè come gli aveva detto già prima, che in quel castello non trovavasi chiesetta, la quale peraltro non era necessaria, mentre ciò che importava per essere armato cavaliere consisteva nello scapezzone e