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potenza Austriaca, e di sciogliere la sua banda1, e di sgombrare il territorio Piemontese».

Siffatta intimazione destò alta l’ira nell’anima gagliarda del provocato Duce, spingendolo a completamente ribellarsi alla tentennante Monarchia, e a più deliberatamente disporsi a novelli cimenti contro le orde straniere. Quasi a suggello della presa risoluzione, issata la Mazziniana Bandiera Dio e Popolo dettò, improvvisandolo, il seguente Proclama:

Italiani!

«Eletto in Milano dal Popolo e da’ suoi rappresentanti a Duce d’uomini la cui meta non è altro che l’indipendenza italiana, io non posso uniformarmi alle umilianti convenzioni ratificate dal Re di Sardegna collo straniero, abborrito dominatore del nostro Paese.

Se il Re di Sardegna ha una corona che conservò a forza di colpe e di viltà, io ed i miei compagni non vogliamo conservare con infamia la nostra vita; non vogliamo, senza compiere il nostro sacrificio, abbandonare la sorte della sacra terra al ludibrio di chi la saccheggia e la manomette.

Un impeto solo di combattimento gagliardo, un pensiero unanime ci valse la santa virile indipendenza che gustammo; sebbene pochi fra i migliori l’avessero guadagnata, ed uniti poscia coi più, per inganno, la vedessero scomparsa.

Ma ora che il pensiero, sciolto l’iniquo freno alla sua manifestazione, già diffuse per tutte le menti quella suprema verità che suona a sterminio dei tiranni; ora che l’opera da infiniti elementi rafforzata si può ordinare e la prestano già numerosi corpi emancipati dagli interessi legali: ora che sono smascherati que’ traditori che pigliarono le redini della rivoluzione per annichilirla; ora che sono note le ragioni dell’eccidio a Goito, della mitraglia e delle febbri di Man-

  1. Con tal nome l’intimidito Governo del Piemonte ribattezzava, a que’ chiari di luna, l’onorata Legione formatasi sotto i suoi auspici, e che unica aveva resistito alle seducenti attrattive di scioglimento, o ritirata.