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134 gli sposi promessi

nelle tenebre. Presso alla lucerna era il breviario, e aperto dinanzi a D. Abbondio il Quaresimale

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1 «Ah! ah!» fu il saluto di D. Abbondio.

«Il signor Curato dirà che siamo venuti tardi,» disse Toni inchinandosi, come pure fece più goffamente Gervaso.

«Venite tardi in tutti i modi,» rispose D. Abbondio. «Basta, vediamo.»

«Sono venticinque buone lire di quelle con Sant'Ambrogio a cavallo,» disse Toni cavando un gruppetto di tasca.

«Vediamo,» replicò il curato: le prese, le volse e le rivolse e le numerò, e furono trovate irreprensibili. «Ora, signor curato, mi darà gli orecchini e la collana della mia povera Tecla.»

«È giusto» rispose don Abbondio; e andò ad un armadio e cacciata una chiave, guardandosi intorno 2 come per tener lontani gli spettatori, aperse una parte d'imposta, 3 riempí l’apertura colla 4 persona, introdusse la testa per guardare e un braccio per 5 ritirare il pegno: lo ritirò, chiuse l'armadio, svolse la carta dov’era il pegno, e guardatolo, «c’è tutto?» disse, indi lo consegnò a Toni. «Ora,» disse Toni, «mi favorisca di una riga di 6 quitanza.»

«Non vi fidate?» rispose bruscamente D. Abbondio. «Ecco volete darmi anche quest’incomodo.»

«Che dice ella mai? S’io mi fido, Sigr. Curato, ma dalla vita alla morte...» «Bene, bene, come volete. Oh che seccatura!7 Bisognerà ch’io ponga inchiostro nel calamajo. Perpetua, dov'è costei? Perpetua!» 8

Cosi brontolando tirò un cassettino dal tavolo, ne tolse carta, penna e calamajo, e 9 si pose a scrivere 10 dettandosi ad alta voce la composizione. Frattanto Toni, e Gervaso, com’era convenuto, si posero dinanzi allo scrittore in modo da togliergli la veduta della porta; e come per ozio anda-

  1. Siamo venuti tardi
  2. perché
  3. e poi riempí
  4. sua
  5. [cav] togliere
  6. di una
  7. Ecco, signori
  8. Perpetua era da basso affaccendata a prepararle da cena: la lasci stare, Sigr. Curato: anche il calamajo che farà più presto.
  9. cominciò
  10. ripetendo col capo sulla carta