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136 gli sposi promessi - tomo i

statua sbozzata in creta, a cui un rozzo fattore dell'artefice copre, la testa con un umido panno. Cessata ogni luce, Don Abbondio lasciò la poveretta, la quale già per sé non avrebbe più potuto proseguire, e pratico com'era del luogo, trovò tosto a tentone 1 la porta della stanza vicina: v’entrò vi si chiuse, e continuò a gridare: «tradimento!2 Perpetua! accorr’uomo, gente in casa! clandestino: tre anni di sospensione! una schioppettata! fuori di questa casa! fuori di questa casa! Perpetua! dov’è costei!» Nella stanza tutto era confusione: Fermo, inseguendo come poteva il curato, aveva trascinata con sé Lucia alla porta e bussava gridando: «apra apra, non faccia schiamazzo: apra, o la vedremo»; Toni curvo a terra, girava le mani sul pavimento per trovare la sua quitanza; e Gervaso spiritato gridava, e andava cercando la porta della scala per porsi in salvo.Don Abbondio, vedendo che il nimico non voleva sgomberare, si fece ad una finestra, che dava sul sagrato, a gridare ajuto.3

Batteva la più bella luna del mondo,4 e l’ombra della chiesa e del campanile si disegnava sulle erbe lucenti del sagrato: per quell’ombra veniva tranquillamente 5 con un gran mazzo di chiavi 6 pendente alla mano il sagrista, il quale, dopo suonata l’avemaria, era rimasto a scopare la chiesa e a governare gli arredi dell’altare. «Lorenzo!» gridò il curato,7 «accorrete, gente in casa! ajuto.» Lorenzo si sbigottì, ma con quella rapidità d’ingegno che danno i casi urgenti, pensò tosto al modo di dare al curato più soccorso ch’egli non chiedeva, e di 8 farlo senza suo rischio. Corse indietro alla porta della chiesa, scelse nel mazzo la grossissima chiave, aperse, entrò, andò difilato al campanile, prese la corda della più grossa campana, e tirò a martello.

  1. una
  2. tradimento!
  3. Variante accorr’uomo
  4. e l'ombra della chiesa e
  5. il sagrestano | il
  6. in mano
  7. accorrere
  8. non porsi a rischio nello stesso