Pagina:Hypnerotomachia Poliphili.djvu/364

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advertivano de intingere nel salso fonte gli sui belluli pedusculi. Gli quali degli prompti digituli più excedente quello indicavano, che propinquo è al magiore. D’indi gli altri gradiculatamente cum venusto moderamine verso il rotundo talo, cum grato ordine alla parte extima declinando minuentise. Per questa divina dispositione dunque la sanctissima maiestate dilla Dea resideva volupticamente nel mediastimo del fonte. Et la parte che del divino corpo tra l’aque stasea, cusì né più, né meno, che radio overo splendore del Sole in expolitissimo crystallo praelucente. Quivi congenulati divotamente perseverando, cum la mente oltra modo, et excessivamente mirato vacillava. Non valendo fixamente el nume divino dovunque spirante mirare. Et la cagione non meno pensiculatamente recogitando, cum quale dolcecia di sorte et fede, cum quale modo et merito, tali mysterii ad me fusse concesso chiaramente di cernere, et cum gli ochii mei ad tale obiecto indispositi. Ma solamente iudicai essere stata degli immortali Dii la libera voluntate, et il benigno consentire di Polia et fidele oratione. Ma supra tutte cose ad me praestavasi displicibile, che tra tante coeleste et dive persone solo contemptibile et exotico, et de gli decoti habiti atriti et frustrati, et di qualunque altra maniera dissimile istava abiectissimo et pauperrimo, et allhora mi sarebbe stato il modo di coprire la mia deformitate quam acceptissimo. Quale Erichthonio per caelare gli viperini pedi. Imperò di incredibile miraveglia stupefacto nell’animo mio summamente la benignitate divina laudava. Che permesso haveva, che terrigeno homo le opere divine et il thesoro dilla fermentosa natura palesemente contemplasse. Per la quale cosa, quelle insigne Nymphe che di sotto le pergule, cum gli sui plausi et cantici et suave harmonia laetabonde festizavano per la victa praeda, che triumphante consequire doveva il pinnato et temerario Cupidine che più perspicace dil Lynceo et di Argo oculeo, era vigorosamente cum l’arme prompto. Diqué parv’hora consumpta dalla dea Matre, ad gli coelesti soni, et cantici alquanto de silentio intervallato ad ambi nui, cum divina facundia et lepore mulcente cum blando affamine tale suaviloquio la sanctissima bucca produsse parole argute et sencia dubio, da soporare et la vigilante custodia adormentare dil fatale thesoro di Colcho. Et da rivocare in benigno effigiato Aglauros filia di Cecrope. Et al grato armento di ristituere Daphni Idaeo, cum la forma humana. Et Cadmo et Hermione dalla sibilante voce rivocare, et dal squammeo corpo, ad Polia cusì dicendo. Pulchella Polia cultrice mia, gli tui sancti libamenti saeduli obsequii,