Pagina:Hypnerotomachia Poliphili.djvu/411

Da Wikisource.

et ardente facule, se ha potuto vitare, né illeso evadere, factolo personare per amore di molte damicelle. Et per esso Cupidine poscia gli delectevoli coniungimenti consequitoe. Hora intermetamo gli altri Dii, et convertiamo il nostro dire, al furibondo et belligero Marte, che ello continuamente gestando le impenetrabile Lorice, et dure et fatale armature, non poté unoquantulo prevalerse, di rincontro ad esso Sagittario Cupidine, né protegerse, né dal suo roburoso pecto abigere, né reluctare, et meno defenderse dagli amorosi vulneri, né alle pongiente sagitte resistere. Dunque filiola mia Polia corculo mio, magno è il potere suo. Et peroe si ello ad li superi omnipotentissimi non hae perdonato, come credi tu che egli facia de gli terrestri? et precipuamente a quelli che per suo famulitio dispositi, et apti sono, et molto più a quelli, che debili fragili et inermi audeno rebellanti repugnare inani? contra gli quali contenenti che il fugono, molto più irascibondo activo et operoso se oppone, cum multiplice et erumnose invasione, et spaventevoli damni. Et si ello di se medesimo, non perdonoe, a ’namorarse della bella Psyche, como ad altri innocuo sarae? None palesemente sapiamo, che nella sua maravegliosa pharetra contiene due dissimile sagitte. La una di fulgoroso oro figurata. L’altra di livido et nephasto plombo. La prima di sforciato amore et vehemente, violentissimo gli cori ad irritabondo amare accende. L’altra in opposito intollerabile superbia et rabido et prompto odio excitante, provoca, et displicibile crudelitate. Delle quale due exercitando, quella dell’amoroso incendio, il Sicophanta Phoebo implectebondo percosse dira et extremamente. Et le amate da esso della plumbacea sagitta ferite. Perché esso omnituente manifestando reveloe, et temerario gli sancti amori della divina Venere impedire volse. Diqué lui longamente se ne dolse negli repudii, et denegati, et male terminanti effecti, et il simigliante ad tuti che subici sotta lui se trovano. Et niuno gli fue prospero. Laonde più ardentise, le affectate puelle, più dispiacevole se rendevano atroce, austere, et di esso renuente et perfuge. Et questo medesimo al suo legnagio et progenie. Et per tanto molti di ogni conditione, casitorono in tale reciprocatione, et vindicte, per volere inconsultamente resistere ad esso, et gli celeri sui dardi levemente contemnere. Et peroe in questa acerba nocte per dire et truculente imagine l’à dimonstrato. Audi dunque figliola mia, et tolli il digesto, sano, et utile consiglio. Non volere unque te opponere ad quello che non possi resistere, cum equalitate di potere, né contrastare, né quello che non pole altramente essere non fugire. Et etiam ad gli trutinati et maturi consultamini non recusare. Imperoché essendo del corpo decorissima, et integerrima, et di animo solertula, et di lingua