Pagina:Hypnerotomachia Poliphili.djvu/453

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solo explorabondo vigilantissimo et frequentario, et minutamente et angulatamente pervestigando, si essa ritrovare potesse. Advene postremamente, che Amore et la Fortuna in benigno ascenso ritrovantise benignamente pacatissimi. Improvisamente me condusseron nel Sacramentario Tempio, ella inanimadvertente, nel quale essa saepiculate andava, ma occulta. Et quivi ritrovatola sola, celeremente il core excusso omni altra appetentia, quale frameo Leone la praeda insultante, cusì né per altro modo propero ad essa ferocissimo invadente, et cum le extreme virtute derivato et iuncto, et accostatome, di subito liquato, quale cera per foco adhaerente et propinquo, exanimo deveni et consternato. Et ignaro che fare né dire, tandem cusì incominciai cum indolato et incompto parlare humilmente dire. Solo di tutte le force restata a pena la tremula voce, et pauculo di spirito, quasi nelle afflicte fauce interdicta, et l’animo moerente obstupefacta la lingua dicace, et cum tutto il corpo contremiscente gli torpenti membri, lamentabondo. Heu me Polia Aurea et pretiosa Columna del vivere mio, sola consolabile sperancia delle afflictione mie già plusculi dì sono transacti, che te sola fervidissimamente, non tanto ho amato, ma quale una Dea venerabondo honorificata, et cum periniurio degli Dei adorata, cum urente fiamma d’amore, il mio holocausto core immolato, quale facevano gli Sacerdoti sacrificando ad Bellona, et consignatoti il vivere mio, ultroneamente al tuo arbitrio et volere. Et facta sei Omè infoelice indebitamente contra me crudele, et più irritabile expultrice di omni mio bene, quale se fosti da me nocivamente laesa, come Iunone agli Troiani cum magna irascentia persequente. Più noxiamente a mi infesta, che gli Britannici lapilli alle mellificante Ape. Et più pugnace contraria et più differente dal mio volere che la infesta Thetis a Vulcano. Et più molesta che la instabile cauda a Lutio. Più nociva che la scandulace alle frugie, et più che la sonora grandine alle tenerrime frondule. Et più che il urente Phoebo agli vernanti fiori et herbidi prati. Finalmente volendo io cum omni dulcitudine di core, cum allubente et mansueto parlare delinire, placare, propitiare allubescendo essa, et dimoverla dal immite et obstinato proposito, et divertire et retrogradare la dira et truculenta voluntate, et di tranquillare tante sue turbelle, et l’animo suo inconsentaneo et indecente, et reflectere a pietate et misericordia, et la ferocitate sua moderare, et il suo morbido core di saevitia cum lachryme et suspiri medicare, et alla charitate et penuria di dilectione, cum foetoso amore opitulare, blandiendo lepida et dolcemente, cum profuse lachrymule et