Pagina:Hypnerotomachia Poliphili.djvu/87

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una salicea strophia, io me perdo (date venia) di ardore lascivo, ad questo commoventise tutte in effrenato riso. Ad me disseron. Ohe, et se la tua peroptata Polia quivi ella fusse, che ne faresti tu hen? Heu me diss’io. Per quella divinitate a cui succumbendo servite, ve supplico, non agiungete face et non accumulate teda et resina al mio incredibile incendio, non picate più il mio arsibile core, non me fate ischiantare ve prego. Imperoché non mediocremente me perdo et totalmente me strugo. Ad questo mio lamentabile et moerente risponsorio, incontinente cum le coralicee buccule piene di ridenti clamori fortemente excitate, deveneron ad tanto excesso, che esse, né io, valevemo hogi mai per multiplicabile riso caminare. Ma sopra gli odoriferi fiori et sopra il solo herbido corruendose et involventise, da insolente riso se suffocavano, onde opportuno fue il suo stricto succintulo transverso, alquanto ralentare, et laxare, et per questo modo semianime iacendo sotto per le umbrigere et foliose arbore, et per la patula opacitate degli rami pausavansi. Quivi dunque cum domesticata fiducia gli dissi. O foemine ignibonde et di me malefice, cusì mi fate vui? Ecco che modo licita occasione di irrumpere et opprimere, et di vui fare violentia excusabile mi se praesta. Et verso quelle nuto facendo di volerle prehendere, fingendo audaculo di fare quello che per niuno modo audeva, ma cum più novo riso, invocando l’una da l’altra adiuto, relicti et indi et quindi gli aurei soccoli et velamini fugendo, asportate dalle fresche aure le tenie. Et tra gli fiori neglecti gli vasculi currevano. Et io drieto correndo. Tanto che veramente non so che non spasemasseron, et io aequalmente, prosternate le virtute, et tutto in proluvio de libidine ruente per nimietate del nervico rigore impatiente. Dunque alquanto havendo durato questa solatiosa ludificatione, et questo ludibrioso spasso, et pienamente satisfacto del mio cusì facto agitamento. Recollecti gli soccoli et l’altre cose sparse. Appresso gli verdegianti et madenti rivi d’uno corrente fluviolo, temperato il suave riso, di me tenerrime miserate quivi ad gli ornati rivi di humili et flexuli iunci, et saliuncula, et cum natante Vitrice, et avicino copiosi di vivaci et aquabuli simplici, una di queste morigera Geusia chiamata inclinatose, extirpoe la Heraclea Nymphea, et una radice di Aron, et Amella, le quale in poca distantia l’una da l’altra germinavano mi offerite ridendo, quale ad me di queste piacesse eligere devesse, et ad mia liberatione gustarle. Per la quale cosa io ricusai la Nymphea. Damnai il Draconculo per il suo caustico, acceptai Amella. Et questa mundificata suaseme di gustare. Onde non fue longo intervallo di tempo, che migrante il venereo lubrico et incentivo stimolo, la intemperantia libidinosa se extinse. Dunque per questo modo le illecebre carnale obfrenato,