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cendo colle mani sotto le ascelle. — Compare Zuppiddu lo pagheremo coi primi denari, ed egli mi ha promesso che allora ci darà a credenza la provvista dei barilotti.

— Nel canterano ci sono cinque onze della tela di Mena; — aggiunse Maruzza.

— Bravo! con lo zio Crocifisso non voglio farci più debiti, perchè non me lo dice il cuore, dopo l’affare dei lupini; ma trenta lire ce le darebbe per la prima volta che andiamo in mare con la Provvidenza.

— Lasciatelo stare! — esclamò la Longa, — i danari dello zio Crocifisso portano disgrazia! Anche stanotte ho sentito cantare la gallina nera!

— Poveretta! — esclamò il vecchio sorridendo al vedere la gallina nera che passeggiava pel cortile colla coda in aria e la cresta sull’orecchio, come se non fosse fatto suo. — Essa fa pure l’uovo tutti i giorni.

Allora Mena prese la parola e si affacciò sull’uscio. — Ce n’è un paniere pieno di uova, — aggiunse, — e lunedì, se compare Alfio va a Catania, potete mandare a venderle al mercato.

— Sì, anche queste aiutano a levare il debito! — disse padron ’Ntoni; — ma voi altri dovreste mangiarvelo qualche uovo, quando avete voglia.

— No, non ne abbiamo voglia, — rispose Maruzza, e Mena soggiunse: — Se le mangiamo noi, compare Alfio non avrà più da venderne al mercato; ora metteremo le uova di anitra sotto la chioccia, e i pulcini si vendono otto soldi l’uno. — Il nonno la guardò in faccia e le disse:


Verga. I Malavoglia. 7