Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/21

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“Bene,” disse Federigo, letto che ebbe, e ricavato il sugo del senso dai fiori di don Ferrante. Conosceva quella casa, quanto bastasse per esser certo, che Lucia vi era invitata a buona intenzione, e che vi sarebbe sicura dalle insidie e dalla violenza del suo persecutore. Che concetto avesse della testa di donna Prassede, non ne abbiamo notizia positiva, Probabilmente, non era quella la persona che egli avrebbe scelta ad un tal uopo; ma, come abbiam detto o fatto intendere altrove, non era suo costume di disfar le cose fatte da cui apparteneva, per rifarle meglio.

“Pigliate in pace anche questa separazione e l’incertezza in cui vi trovate,” soggiunse egli poi; “confidate che sia per finir presto, e che Dio voglia guidare le cose a quel termine, a cui pare ch’Egli le avesse addirizzate; ma tenete per sicuro che, quello ch’Egli vorrà che sia, sarà il meglio per voi.” Diede a Lucia in particolare qualche altro ricordo amorevole; qualche altro conforto ad entrambe; le benedisse, e le lasciò andare. All’uscir nella via, elle si trovarono addosso uno sciame d’amici e d’amiche, tutto il comune, si può dire, che le aspettava, e le condusse a casa, come in trionfo. Era fra tutte quelle donne una gara di con-

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