Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/41

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gne codesta vostra canizie; quanto avrei amato meglio di racconsolarmi con esso voi, delle nostre cure comuni, dei nostri guai, parlando della beata speranza, alla quale già siam giunti sì presso. Faccia Dio che le parole le quali ho pur dovuto usar con voi, servano a voi e a me. Non vogliate ch’Egli mi chiegga conto, in quel giorno, dell’avervi mantenuto in un uficio, al quale siete così infelicemente venuto meno. Riscattiamo il tempo: la mezza notte è vicina; lo Sposo non può tardare; teniamo accese le nostre lampade. Presentiamo a Dio i nostri cuori, miseri, voti; perchè Gli piaccia riempirli di quella carità, che ammenda il passato, che assicura l’avvenire, che teme e confida, piange e s’allegra, con sapienza; che diventa, in ogni caso, la virtù di cui abbiamo bisogno.”

Così detto, si mosse; e don Abbondio gli tenne dietro.

Qui l’anonimo ci avvisa che non fu questo il solo abboccamento di quei due personaggi, nè Lucia il solo argomento de’ loro abboccamenti; ma ch’egli s’è ristretto a questo, per non andar troppo divagando dal soggetto principale del racconto. E che, per lo stesso motivo, non farà menzione di altre cose nota-