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grigi che scintillavano singolarmente tra i falsi ricci biondicci. Aveva il passo e il gesto lievissimi, quasi furtivi, come di chi abbia la consuetudine di vivere intorno agli infermi o di attendere ad uffici delicati o di eseguire ordini di segretezza.

― Venga, signor conte.

Ella precedeva Andrea, lungo le stanze appena rischiarate, su i tappeti folti che attenuavano ogni rumore; e il giovine, pur nell’irrefrenabile tumulto del suo spirito, provava contro di lei un senso istintivo di repulsione, senza sapere perchè.

Giunta innanzi a una porta che coprivano due bande di tappezzeria medicea orlate di velluto rosso, ella si fermò, dicendo:

― Entro prima io, ad annunziarla. Attenda qui.

Una voce di dentro, la voce di Elena, chiamò:

― Cristina!

Andrea si sentì tremar le vene con tal furia a quel suono inaspettato, che pensò: “Ecco, ora vengo meno.„ Aveva come l’antiveggenza indistinta d’una qualche felicità soprannaturale, superante la sua aspettazione, avanzante i suoi sogni, soverchiante le sue forze. ― Ella era là, oltre quella soglia. ― Ogni nozione della realità fuggiva dal suo spirito. Gli pareva d’aver, un tempo, pittoricamente o poeticamente imaginata una simile avventura d’amore, in quello stesso modo, con quello stesso apparato, con quello stesso fondo, con quello stesso mistero; e un altro, un suo personaggio imaginario, n’era l’eroe. Ora, per uno strano fenomeno fantastico, quella ideal finzione d’arte