Pagina:Il piacere.djvu/207

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pareva che qualche cosa come un soffio femineo, come una tentazione indefinita, gli attraversasse lo spirito. Scelse dal mazzo di Ferdinando una rosa thea e se la mise all’occhiello; diede un’occhiata rapida al suo abbigliamento estivo; si guardò con compiacenza le mani bene curate ch’eran divenute più sottili e più bianche nella malattia. Fece tutto questo senza riflessione, quasi per un istinto di vanità risvegliatosi in lui d’un tratto.

― Ecco il treno ― disse Ferdinando.

La marchesa si avanzò incontro alla ben venuta; ch’era già allo sportello e salutava con la mano e accennava con la testa tutt’avvolta d’un gran velo color di perla coprente a metà il cappello di paglia nera.

― Francesca! Francesca! ― ella chiamava, con una effusione tenera di gioja.

Quella voce fece su Andrea un’impression singolare; gli ricordò vagamente una voce conosciuta. Quale?

Donna Maria discese con un atto rapido ed agile; e con un gesto pieno di grazia sollevò il velo fitto scoprendosi la bocca per baciare l’amica. Subito, per Andrea quella signora alta e ondulante sotto il mantello di viaggio e velata, di cui egli non vedeva che la bocca e il mento, ebbe una profonda seduzione. Tutto il suo essere, illuso in quei giorni da una parvenza di liberazione, era disposto ad accogliere il fascino dell’“eterno feminino„. Appena smosse da un soffio di donna, le ceneri davano faville.

― Maria, ti presento mio cugino, il conte Andrea Sperelli-Fieschi d’Ugenta.