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niva nella sua faccia, visibilissima, quando dopo un’assenza breve ella riudiva la voce infantile. Talvolta, involontariamente, per una segreta rispondenza, quasi direi per legge d’un comun ritmo vitale, ella ripeteva il gesto della figlia, un sorriso, un’attitudine, un’aria del capo. Ella aveva talvolta, su la quiete o sul sonno filiale, momenti di contemplazione così intensa che pareva aver perduta la conscienza d’ogni altra cosa per divenir simile all’essere ch’ella contemplava. Quando ella rivolgeva la parola all’adorata, la parola era una carezza e la bocca perdeva ogni traccia di dolore. Quando ella riceveva i baci, un tremito le agitava le labbra e gli occhi le si empivano d’un gaudio indescrivibile tra i cigli palpitanti, come gli occhi d’una beata in assunzione. Quando ella conversava con altri o ascoltava, pareva di tratto in tratto aver come una sospension del pensiero improvvisa, come una momentanea assenza dello spirito; ed era per la figlia, per lei, sempre per lei.

― Chi mai poteva rompere quella catena? Chi poteva conquistare una parte di quel cuore, anche minima? ― Andrea soffriva come d’una perdita irrimediabile, come d’una rinunzia necessaria, come d’una speranza estinta. ― Anche ora, anche ora, la figlia non toglieva a lui qualche cosa?

Ella infatti, per gioco, voleva costringer la madre a restare in ginocchio. Le si abbandonava sopra e la premeva con le braccia intorno al collo, gridando fra le risa:

― No, no, no; tu non ti alzerai.

E, come la madre apriva la bocca per par-