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penato per rientrar nella mia vera conscienza, per veder le cose nella vera luce, per giudicare l’accaduto con fermo e calmo giudizio, per risolvere, per decidere, per riconoscere il dovere. Io sfuggivo a me stessa; la mente si smarriva; la volontà si ripiegava; ogni sforzo era vano. Quasi per istinto, evitavo di rimaner sola con lui, mi tenevo sempre vicina a Francesca e a mia figlia, o rimanevo qui nella stanza, come in un rifugio. Quando i miei occhi s’incontravano con i suoi, mi pareva di legger ne’ suoi una profonda e supplichevole tristezza. Non sa egli quanto, quanto, quanto io l’ami?

Non lo sa; non lo saprà mai. Così voglio. Debbo così. Coraggio!

Mio Signore, aiutatemi voi.

29 settembre. ― Perchè ha parlato? Perchè ha voluto rompere l’incanto del silenzio ove l’anima mia si cullava senza quasi rimorso e senza quasi paura? Perchè ha voluto strappare i veli vaghi dell’incertezza e mettermi in conspetto del suo amore svelato? Ormai non posso più indugiare, non posso più illudermi, nè concedermi una mollezza, nè abbandonarmi a un languore. Il pericolo è là, certo, aperto, manifesto; e m’attira con la vertigine, come un abisso. Un attimo di languore, di mollezza, e io sono perduta.

Io mi domando: ― È un dolor sincero il mio, è un sincero rammarico, per quella rivelazione inattesa? Perchè penso sempre a quelle parole? E perchè, quando le ripeto in me stessa, un’onda ineffabile di voluttà mi attraversa? E perchè un brivido mi corre per tutte le midolle,