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sei stata tanto buona con me, in questi giorni; io ti son tanto grata...

La voce mi tremava, un poco; una immensa tenerezza mi gonfiava il cuore. Ella m’ha presa la mano e l’ha tenuta nella sua, senza parlarmi, senza guardarmi. E siamo rimaste a lungo taciturne, tenendoci per mano.

Ella m’ha chiesto: ― Quanto tempo ti tratterrai da tua madre?

Io le ho risposto: ― Sino alla fin dell’anno, spero; e forse più.

― Tanto tempo?

Di nuovo, abbiamo taciuto. Sentivo già che non avrei avuto il coraggio di affrontare la spiegazione; ed anche sentivo ch’era men necessaria, ora. Mi pareva ch’ella ora mi si riavvicinasse, m’intendesse, mi riconoscesse, diventasse la mia sorella buona. La mia tristezza attraeva la sua tristezza, come la luna attrae le acque del mare.

― Ascolta ― ella ha detto; poichè veniva un canto di donne del paese, un canto largo, spiegato, religioso, come un canto gregoriano.

Più oltre abbiam visto le cantatrici. Escivano da un campo di girasoli secchi, camminando in fila, come una teoria sacra. E i girasoli in cima ai lunghi steli sulfurei senza foglie portavano i larghi dischi non coronati di petali nè carichi di semi, ma somiglianti nella lor nudità ad emblemi liturgici, a pallidi ostensorii d’oro.

La mia commozione è cresciuta. Il canto dietro di noi si dileguava nella sera. Abbiamo attraversato Rovigliano dove già i lumi si accendevano; poi siam di nuovo uscite nella strada