Pagina:Il piacere.djvu/364

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sentiva ardere le guance e le tempie, intorno agli occhi, d’un ardore intenso, mentre pel resto del corpo rabbrividiva; su le mani l’impressione della bocca amata persisteva come un suggello, ed era un’impressione deliziosa, ed ella avrebbe voluto che fosse indelebile come un suggello divino.

Guardò in giro. Nella stanza la luce diminuiva, le forme si perdevano nella mezz’ombra, il gran Buddha raccoglieva nella sua doratura un chiaror singolare. Or sì or no giungevano le grida. Ella andò verso una finestra, l’aprì, si sporse. Un vento gelido soffiava su la strada, ove già verso la piazza di Termini cominciavano ad accendersi i fanali. Incontro, gli alberi della Villa Aldobrandini svettavano, a pena tinti d’un riflesso rossastro. Su la Torre delle Milizie pendeva una enorme nuvola paonazza, solitaria nel cielo.

La sera le parve lugubre. Ella si ritrasse; andò a sedersi nel luogo medesimo del colloquio recente. ― Perchè Delfina non tornava ancora? ― Avrebbe voluto evitare ogni riflessione, ogni meditazione; eppure non so che debolezza la tratteneva in quel luogo ove, pochi minuti innanzi, Andrea aveva respirato, aveva parlato, aveva esalato il suo amore e il suo dolore. Gli sforzi, i propositi, le contrizioni, le preghiere, le penitenze di quattro mesi si disperdevano, si disfacevano, diventavano inutili, in un attimo. Ella ricadeva, sentendosi forse più stanca, più vinta, senza volontà e senza potere contro i fenomeni morali che la sorprendevano, contro le sensazioni che la sconvolgevano; e,