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Nel salone erano già il marchese e la marchesa d’Ateleta, il barone e la baronessa d’Isola, Don Filippo del Monte. Il fuoco ardeva nel caminetto; alcuni divani eran disposti nel raggio del calore; quattro musœ dalle larghe foglie venate di sanguigno si protendevano su le spalliere basse.

La marchesa, facendosi incontro ai due sopraggiunti, disse con quel suo bel riso inestinguibile:

― Per l’amabilità del caso, non c’è più bisogno di presentazione tra voi due. Cugino Sperelli, inchinatevi alla divina Elena.

Andrea s’inchinò profondamente. La duchessa gli offrì la mano, con un gesto di grazia, guardandolo negli occhi.

― Son molto lieta di vedervi, conte. Mi parlò tanto di voi, a Lucerna, l’estate scorsa, un vostro amico: Giulio Musèllaro. Ero, confesso, un po’ curiosa.... Musèllaro anche mi diede a leggere la rarissima vostra Favola d’Ermafrodito e mi regalò la vostra acquaforte del Sonno, una prova avanti lettera, un tesoro. Voi avete in me un’ammiratrice cordiale. Ricordatevi.

Ella parlava con qualche pausa. Aveva la voce così insinuante che quasi dava la sensazione d’una carezza carnale; e aveva quello sguardo involontariamente amoroso e voluttuoso che turba tutti li uomini e ne accende d’improvviso la brama.

Un servo annunziò:

― Il cavaliere Sakumi!

Ed apparve l’ottavo ed ultimo commensale.

Era un segretario della Legazione giapponese,