Pagina:Il piacere.djvu/96

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― No; torno a casa.

Ella aspettò, su l’orlo del marciapiede, che il suo coupè s’avanzasse. La pioggia si disperdeva; tra larghe nuvole bianche scorgevasi qualche intervallo d’azzurro; una zona di raggi faceva luccicare il lastrico. E la signora, investita da quel chiaror tra biondo e roseo, nel mantello magnifico che scendeva con poche pieghe diritte e quasi simmetriche, era bellissima. Il sogno medesimo della sera innanzi sorse nello spirito d’Andrea, quando egli intravide l’interno del coupè tappezzato di raso come un boudoir, dove luccicavano il cilindro d’argento pieno d’acqua calda destinato a tenere tiepidi i piccoli piedi ducali. “Essere là, con lei, in quella intimità così raccolta, in quel tepore fatto dal suo alito, nel profumo delle violette appassite, intravedendo appena da’ cristalli appannati le vie coperte di fango, le case grige, la gente oscura!„

Ma ella inchinò lievemente il capo allo sportello, senza sorridere; e la carrozza partì, verso il palazzo Barberini, lasciandogli nell’anima una vaga tristezza, uno scoramento indefinito. ― Ella aveva detto “forse„. Poteva dunque non venire al palazzo Farnese. E allora?

Questo dubbio l’affliggeva. Il pensiero di non rivederla gli era insopportabile: tutte le ore passate lontano da lei già gli pesavano. Egli chiedeva a sè stesso: “L’amo io dunque già tanto?„ Il suo spirito pareva chiuso in un cerchio, entro cui turbinavano confusamente tutti i fantasmi delle sensazioni avute nella presenza di quella donna. D’un tratto, emergevano dalla sua memoria, con una singolare esattezza, una frase